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venerdì 28 settembre 2012

LA SCORCIATOIA DELLE EMOZIONI






LA SCORCIATOIA DELLE EMOZIONI


Il cervello elabora le risposte emotive in 12 millesimi di secondo; quelle razionali in un tempo doppio. Per questo le emozioni ci mettono nei guai.


Stava uscendo dalla chiesa ad­dobbata di fiori; al braccio la donna appena sposata do­po un lungo corteggiamento. Le campane suonavano a festa, in­torno c'erano parenti e amici; Gunny, americano cinquantenne, rideva spensierato. Poi lo scoppio, per il ritorno di fiamma di un'auto. Nonostante non indossasse la tuta mimetica ma 1'abito scuro, e ben­ché non fosse nell'umida foresta asiatica, Gunny si sentì afferrare dal terrore: e, come aveva fatto 35 anni prima in caso di imboscate dei Vietcong, sentendo nelle orec­chie il rumore delle armi si buttò in una siepe. Giusto in tempo per ca­pire che quella paura non era più attuale. Eppure l'emozione era sta­ta tanto forte da farlo agire d'istin­to, inconsciamente, senza pensare.



 



Automatismi - Le emozioni d'altronde scaval­cano quasi sempre il cervello razionale. Lo invadono di sentimen­ti forti, danno determinazione e impulsività ai nostri pensieri, li agi­tano e li forzano. A chi non è capi­tato di fare un balzo di spavento per uno scherzo stupido, o di fare una scenata eccessiva a un parente perché era "di cattivo umore"? È in momenti come questi che le emozioni diventano incontrollabi­li. Come mai?
Studiando il percorso delle informazioni dall’orecchio all'a­migdala, Joseph LeDoux, neuro­scienziato di New York, ha scoper­to una scorciatoia delle emozioni, ereditata direttamente dai primi animali privi di corteccia (il luogo del pensiero razionale) e partico­larmente utile alla sopravvivenza. Il rumore dello scoppio entrato nell'orecchio di Gunny era andato al talamo, ma da qui una parte del­l’informazione era passata diret­tamente all'amigdala, una parte del cervello più antica, dove quel rumore era indissolubilmente legato alle emo­zioni vissute, agli scoppi, alle car­neficine del Vietnam, tanto da far scattare immediatamente una rea­zione di difesa. Secondo i calcoli di LeDoux, per questa via il messaggio estremamente semplificato (grosso modo "scoppio=sparo=morte'') ci mette 12 millesimi di secondo a innescare la risposta di fuga. La metà del tempo necessa­rio per il percorso completo, che passa per la corteccia e aggiunge le informazioni della ragione, del tipo "Non si vedono Vietcong, e neppure fucili", che richiedono 24 ml­l secondi per essere elaborate. E Gunny nel frattempo è già nel ce­spuglio.



Rapporti del sistema limbico





Vita di relazione

Lì nell'amigdala sembrano esserci anche le spiegazioni di tante risposte inadeguate della vita di relazione. Ci sono i motivi che ci fanno decidere, già nei primi se­condi di un neonato, se una persona ci piace oppure no; se una serata in compagnia andrà bene o ma­le; se un dipendente da assumere fa o no al caso nostro. In un tempo di millisecondi non entra 1'elabo­razione ragionevole della cortec­cia e i suoi motivi logici e raziona­li. Le prime impressioni sono quel­le ingannevoli dell'amigdala. E poiché l'amigdala sceglie in base al metodo associativo di elementi del presente con quelli del passato può succedere che l'antipatia istin­tiva provata verso una nuova co­noscenza sia dovuta più al colore dei suoi capelli (rossi come quelli del burbero vicino della nonna memorizzati nell'infanzia) che a razionali motivi di sospetto. E quei ricordi dell'infanzia. superati e in­consci, ispirano comportamenti spesso immotivati. 

 

 

 

 





il lato nascosto della mente
Esempio n. 1 Una signora composta ed elegante esce dalla chiesa dove ha assistito al matrimonio di sua figlia. All'improvviso si mette a urlare come una forsennata e abbraccia il signore che stava salutando. Solo dopo "si accorge" di cosa le ha fatto compiere quel gesto inopportuno: la paura di un serpente intravisto con la coda dell'occhio. Serpente peraltro di gomma, portato da un nipotino birichino.
Esempio n. 2 Partita di calcio, mischia in area. Da una selva di gambe, il centravanti vede schizzare, velocissimo, davanti ai suoi piedi, un pallone. Non ha neppure il tempo di pensare a che cosa deve fare. Ma lo tocca. E fa gol!
Esempio n. 3. Il signor Rossi va a votare. Come sempre, fa con convinzione la croce sul simbolo del suo partito preferito. E’, convinto di avere fatto la scelta giusta, razionale. Non è vero. Se potesse leggere il suo inconscio scoprirebbe che ha votato quel partito solo per distinguersi dal padre, fedele votante del partito rivale. O che lo ha fatto spinto da un pregiudizio tipico, del suo ambiente, acquisito quando aveva 5 anni. In tutte queste situazioni ad averci spinto ad agire non e stata la parte razionale cosciente della nostra mente, ma un lato nascosto, che sfugge al nostro controllo e che non sempre ci fa fare ciò che poi vorremmo aver fatto. Talvolta è un pregiudizio diffuso o un antico ricordo che agisce, senza che ce ne accorgiamo, sulle nostre scelte, talvolta un’emozione, capace di scavalcare qualsiasi ragionamento logico. In altri casi, dicono gli scienziati, l’inganno è ancora più clamoroso: siamo convinti di essere coscienti di azioni di cui, nel 90% dei casi, siamo solo attori.  



 



Freud aveva ragione
I ricordi cancellati e l'inconscio condizionano la nostra vita e le nostre scelte apparentemente più coscienti: ecco perché le ultime ricerche danno ragione a Freud.
Il primo a teorizzare, alla fine dell'800, l'esistenza di una par­te della mente che sfugge al nostro controllo razionale fu Freud: secondo il neurologo au­striaco il nostro comportamento è dovuto a un guazzabuglio di emo­zioni, pulsioni e motivazioni legate a tracce lasciate nell'infanzia e di­ventate non coscienti. Ma buona parte dei neuroscienziati ha guar­dato con sospetto le idee di Freud perché non verificabili con il me­todo sperimentale. Oggi però le neuroscienze stanno dimostrando che l'inconscio esiste e che Freud aveva ragione. Prendiamo per esempio la repressione: secondo Freud i ricordi indesiderati e spia­cevoli possono essere deliberata­mente dimenticati. L'anno scorso Michael Anderson e Collin Green dell'University of Oregon hanno dimostrato che la repressione esi­ste, ed è molto frequente. In labo­ratorio, in condizioni controllate, hanno "imitato" la repressione di­mostrando che se si cerca delibe­ratamente di dimenticare alcuni vocaboli, successivamente si ha difficoltà a ricordarli, anche se qual­cuno ci promette denaro.


 



Moglie o mamma?
Se poi pensate che la scelta del partner sia dovuta a fattori contin­genti, vi illudete. Anche in questo caso l'inconscio vi ha giocato uno scherzo. Vi ricordate il complesso di Edipo di Freud? Tutti i bambini, diceva, si innamorano del genitore dell'altro sesso. David Perrett del­1'University of St. Andrews, in Sco­zia, ha dimostrato che ad attirarci sessualmente da adulti sarebbero proprio i visi che più ci ricordano i nostri genitori quando li abbiamo conosciuti. Insomma, imparerem­mo che cosa cercare in un partner guardando mamma e papà duran­te l'infanzia. Sono solo alcuni esempi in cui Freud sembra aver trovato alleati anche al di fuori del­la psicanalisi. Ma la stessa psica­nalisi ha rivisto profondamente il modo di intendere l'inconscio. Spiega Vittorio Lingiardi, psichia­tra e psicanalista che insegna a Ro­ma: «Secondo Freud era un po' co­me la "cantina della mente": il ma­gazzino in cui nascondiamo le cose spiacevoli, che non ci piace ricor­dare. Oggi, invece, anche per la psi­canalisi è diventato una fucina di pensieri e di emozioni in cui le no­stre esperienze sono rielaborate in continuazione». Un po' come ac­cade con i ricordi, influenzati in continuazione da emozioni, asso­ciazioni affettive e dalla situazione in cui ci troviamo a ricordare. I più pensano che la memoria sia una specie di ripostiglio dove possono essere archiviati i ricordi richia­mabili alla coscienza quando serve. 


 



Le memorie non dichiarate
In realtà esistono particolari tipi di ricordi, detti "memorie implici­te", di cui non siamo consapevoli, che influenzano fin dalla nascita lo sviluppo della personalità. Prima della maturazione dell'ippocam­po, il cervello registra le abilità ge­stuali, le acquisizioni per condizio­namento (se cadi, ti fai male) e for­se anche nomi e significati degli oggetti soltanto come "abilità non consapevoli". Ma non è solo un problema di maturazione dell'ip­pocampo. Nel nostro database inaccessibile ci sono tutti i "ricordi" di quando non sapevamo ancora parlare e descrivere emozioni e stati d'animo. Harlene Hayne e Gabrielle Simcock, psicologhe del­1'University of Otago (Nuova Ze­landa), sono convinte che anche se non si ricordano gli eventi della prima infanzia, essi sono ancora li. Quel­lo che ci manca è il catalogatore per rag­giungerli: il vocabola­rio. Le ricercatrici hanno fatto giocare alcuni bimbi con uno strumento comples­so. Quando, un anno dopo, li hanno inter­rogati, i bambini han­no risposto usando il vocabolario di cui di­sponevano l'anno prima. «In un anno avevano acquisito un vocabolario molto più completo, ma non erano in grado di usarlo per descrivere l'e­sperienza dell'anno precedente» dice Hayne. Eppure il ricordo del­l'esperienza era li: quando ai bam­bini fu mostrata una foto del gioco, erano in grado di dimostrare co­me ci avevano giocato. La loro abi­lità di ricordare era superiore alla loro capacità di parlarne. «Il lin­guaggio funziona come un siste­ma di catalogazione per la memo­ria» dice Hayne. «Le esperienze che precedono la possibilità di ca­talogarle con il linguaggio spari­scono, perché non hanno indice. Il volume è nello scaffale, ma solo il caso lo fa trovare».



 



Ripercussioni
Buona parte di ciò che facciamo lo dob­biamo proprio alle memorie implicite. Spiega Alberto Olive­rio, direttore dell'Isti­tuto di Psicobiologia del Cnr: «Quando guidiamo l'auto, an­diamo in bici o mani­poliamo oggetti, in realtà usiamo una se­rie molto complessa di aggiustamenti mo­tori senza rendercene conto». Anzi, li usiamo così bene proprio perché non ce ne rendia­mo conto: se dovessimo compor­tarci al volante come alla prima le­zione di guida (adesso metto in fol­le; accendo il motore; metto la frec­cia; inserisco la prima e schiaccio l'acceleratore) il traffico sarebbe lento e faremmo più incidenti. Ab­biamo imparato davvero qualco­sa quando dimentichiamo di co­noscerla. Ma l'inconscio agisce an­cora più profondamente.


Alberto Oliverio




Autoinganno
Dice Oliverio: «A volte esten­diamo alcune caratteristiche di una persona che ci è simpatica o anti­patica ad altre convinti inconscia­mente che alcuni tratti somatici siano tipici della simpatia». Forse è proprio per questo che la prima impressione, "a pelle", ci influenza più di quelle successive. Per quan­to ci riguarda, invece, amiamo idealizzarci. Se un attore, alla fine di un monologo, viene fischiato, può dare la colpa alla sua cattiva recitazione o all'ignoranza del pubblico. La prima ipotesi è razio­nale ma dolorosa. La seconda, non fa soffrire ma nega la realtà. Di noi ci piace pensare che siamo buoni, bravi, onesti. L'inconscio però sa la verità. «La coscienza è una fac­ciata per ingannare gli altri e noi stessi. La verità è nell'inconscio» dice Robert Trivers della Rutgers University (Usa). «L'autoingan­no ha una sua utilità: se riesci a convincerti che sei il migliore, bluf­fi meglio. Mentre se conosci le tue debolezze, le condizioni competi­tive ti mettono in difficoltà. In­somma, meglio credere di essere i migliori, anche se non è vero».



 



I meccanismi di difesa
E se i meccanismi di difesa individuati da Sigmund Freud (repressione dei ricordi sgraditi ecc.) fossero causati da problemi della corteccia cere­brale destra? Lo sostiene V S. Ramachandran, docente di neuroscienze a San Diego, che ha studiato pazienti che rifiutano di accettare i sintomi di paralisi degli arti dovute a lesioni all'emi­sfero sinistro. Sulla sedia a rotelle sono convinti di muoversi a loro piacere, mentre conser­vano la coscienza di altri mali non neurologici.
Secondo Ramachandran, infatti, l'emisfero sinistro è "conserva­tore", incorpora ogni nuovo dato in modo da avere una visione del mondo coerente coi ricordi già immagazzinati ed esclude i dati minacciosi. L'emisfero destro invece rileva tutte le incongru­enze e costringe il sinistro a rivedere il proprio modello di realtà. Ma se l'emisfero destro è danneggiato non si possono vedere le incongruenze. Questo capita non solo ai pazienti di Ramachandran, ma anche ai nevrotici.


I Lapsus
Anche quando il ricordo sembra perfettamente cosciente non corrisponde mai a ciò che è veramente succes­so, perché è influenzato da variabili emotive. Lo dimostra l'esperimento del foulard di Edouard Claparède, psicologo svizzero che all'inizio del '900 fece interrompere una lezione per 20 secondi da un disturba­tore con un foulard bianco e marrone. Foulard che nelle descrizioni dei testimoni diven­ne rosso, come "deve" essere un foulard rivoluzionario. L'inconscio gioca scherzi anche con lapsus e atti mancati nei quali, senza voler­lo, diciamo o facciamo ciò che volevamo nascondere. «Un mio paziente perdeva sempre la carta d'identità nei periodi di crisi» dice Vittorio Lingiardi, psichiatra e psicanalista. Un altro, che in seduta non riusciva a raccontare di sé, dimenticava da me l'agenda o le chiavi di casa, come a dire che una parte di lui era disponibile a farsi conoscere". Tutte "verità" che superano il controllo della coscienza.



Il cervello bimodale







Il cervello bimodale


I due emisferi cerebrali rappresentano simbolicamente un modello di "coppia di opposti" che interagiscono sinergicamente e costituiscono di fatto una unica unità funzionale per l’adattamento e lo sviluppo del "sistema uomo". Uno degli aspetti più interessanti e peraltro ben poco chiari del nostro cervello riguarda la caratteristica configurazione dicotomica della corteccia cerebrale rappresentata dai suoi due emisferi.

 



Gli emisferi cerebrali destro e sinistro sono le strutture nervose più recenti (neocortex) dal punto vista filogenetico, sono quasi identiche e poste in maniera speculare l’una rispetto all’altra; gli emisferi "parlano" tra di loro tramite un enorme fascio di fibre che li collega, chiamato corpo calloso; molte informazioni sul loro funzionamento provengono dallo studio di pazienti che avevano subito la resezione chirurgica di queste fibre e che conseguentemente incarnavano un specie di "cervello diviso".
L’emisfero sinistro controlla i movimenti e la sensibilità della parte destra del corpo e viceversa, ciò è dovuto al fatto che le fibre nervose provenienti dai due emisferi cerebrali si incrociano a livello del midollo allungato (la parte terminale dell’encefalo). 



 



I due emisferi differiscono anche per dimensione: l’emisfero destro sembrerebbe essere più pesante e con la corteccia più spessa; l’emisfero sinistro ha la porzione temporale più estesa rispetto al destro. Le differenze funzionali tra i due emisferi non si limitano al controllo della motricità e della sensibilità del corpo umano ma riguardano anche una diversa specializzazione rispetto alle funzioni cognitive; più in generale, si può dire che l’emisfero sinistro è più specializzato nelle funzioni linguistiche (e quindi nella comunicazione) mentre il destro nelle funzioni che implicano una elaborazione di tipo "visuo-spaziale". Da un punto di vista filogenetico, si può dire che la preferenza manuale destra (e forse anche la specializzazione dell’emisfero sinistro per il linguaggio) risale ad alcuni milioni di anni fa e sembra essere una peculiarità specie- specifica dell’homo sapiens, in quanto le "asimmetrie funzionali" presenti nelle altre specie animali sono di poco rilievo e talvolta dubbie. E’ molto probabile che la specializzazione emisferica nell’uomo abbia avuto come tappa evolutiva fondamentale quella della stazione eretta; questa "conquista evolutiva" ha consentito all’uomo un controllo più ampio dello spazio e la possibilità di utilizzare gli arti superiori, le mani, per manipolare oggetti e stimolare quindi una specializzazione funzionale delle due metà del cervello. 



 




Una ulteriore considerazione riguarda il fatto che originariamente il linguaggio era di tipo gestuale e quindi la mano destra (controllata dall’emisfero sinistro) essendo più abile nelle sequenze motorie fini, ha avuto un ruolo importante nello sviluppo della comunicazione che successivamente sarebbe diventata di tipo verbale; ciò conferma inevitabilmente la peculiarità dell’emisfero sinistro nelle funzioni linguistiche. L’emisfero sinistro: è stato per molto tempo il più studiato dal punto di vista neuropsicologico a causa del suo coinvolgimento nei processi linguistici e quindi del suo "valore localizzatorio" nello studio delle lesioni cerebrali; già nel 2500 a.C. circa, i medici egiziani segnalavano la stretta associazione tra disturbi del linguaggio e paralisi del lato destro del corpo; questo emisfero sembrerebbe avere funzioni più specifiche del suo controlaterale. Per quanto riguarda livelli alti di elaborazione cognitiva, questo emisfero sembrerebbe avere una specializzazione nei processi di analisi e categorizzazione; in altre parole nella capacità di scomporre analiticamente una configurazione globale nei suoi elementi costituenti (sia questa una figura, un problema o un concetto). L’emisfero destro: è stato senz’altro meno studiato probabilmente a causa della sua relativa "asintomaticità" nel caso di lesioni cerebrali, e solo da pochi anni è stata studiata a fondo la sua peculiarità per le prestazioni visuo-spaziali. Questo emisfero sembra collegato più dell’altro al lato affettivo ed emotivo del comportamento; considerando l’aspetto filogenetico, alcuni esperimenti hanno dimostrato che l’emisfero destro del ratto ha un ruolo predominante nei comportamenti aggressivi ed emotivi, inoltre è stata postulata l’esistenza di una relazione tra comportamenti di paura, attacco, lotta e fuga (comportamenti che nei nostri predecessori erano strettamente collegati alla conservazione del territorio) e la capacità di organizzare una rappresentazione mentale dello spazio fisico.

 


Da un punto di vista funzionale questo emisfero è specializzato nella elaborazione degli stimoli visivi, nella rappresentazione mentale dello spazio e del tempo (ad esempio nel ruotare mentalmente una figura), nel riconoscimento dei volti non conosciuti, nel riconoscimento delle espressioni facciali (spesso espressione di stati emotivi) nella percezione e nella produzione della musica. Considerando il funzionamento di questo emisfero rispetto a funzioni cognitive gerarchicamente superiori, una serie di dati sperimentali ne mette in rilievo la peculiarità nei processi di sintesi e nella percezione della globalità di una struttura, (figura, problema, o concetto che sia), partendo dagli elementi che la compongono. Per esempio nel caso di una immagine, la capacità di unire l’insieme dei dettagli percependo la figura nel suo insieme. La neuropsicologia sembra non prendere in considerazione modelli definiti "fantasiosi", come quello che attribuirebbe all’emisfero sinistro il pensiero logico-razionale ed al destro il pensiero creativo ed artistico. A questo proposito credo che vadano fatte alcune considerazioni: è indubbio che i due emisferi funzionino come un’unica struttura, i dati sulla plasticità neuronale del nostro cervello (il fatto che in caso di lesioni del tessuto nervoso, altre aree, a volte nell’emisfero opposto a quello leso, sostituiscano funzionalmente quelle "morte") sono molto consistenti, ciò non toglie nulla, e quindi non è in opposizione al fatto che i due emisferi abbiano una certa specificità anche nel funzionamento a livello "superiore". Il modello "emisfero sinistro - pensiero razionale ed emisfero destro - pensiero creativo", se non viene inteso come una rigida dicotomia, è in realtà coerente a molte osservazioni rilevate sia nella esperienza clinica che psicoanalitica. 


 


mercoledì 26 settembre 2012

Oliver Sacks (Risvegli)







Oliver Wolf Sacks (Londra, 9 luglio 1933) è un neurologo e scrittore inglese, che vive e lavora negli Stati Uniti d'America, autore di diversi libri di successo basati sulle storie cliniche e umane dei propri pazienti e delle loro patologie neurologiche.



Oliver Sacks



Il suo libro più noto è Risvegli (Awakenings), dal quale è stato tratto il film omonimo con Robin Williams e Robert De Niro, e a cui sono seguiti i noti Su una gamba sola e L'uomo che scambiò sua moglie per un cappello.
Sacks ha approfondito un genere letterario - quello delle storie cliniche - risalente alla tradizione del XIX secolo. Il suo esempio preferito di questo genere è La mente del mnemonista (Viaggio nella mente di un uomo che non dimenticava nulla) di Aleksandr Lurija.



Oliver Sacks  2



Biografia
Laureatosi presso il The Queen's College di Oxford, è oggi il titolare di una cattedra di Neurologia presso la Columbia University. Ha vissuto a New York dal 1965, dove ha uno studio. Nei suoi libri, Sacks descrive i casi clinici concentrandosi non soltanto sulle descrizioni scientifiche delle patologie ma anche e preferenzialmente sull'esperienza personale dei pazienti. Molti dei casi che racconta sono incurabili, e il tema principale del racconto è quello dei diversi modi in cui le persone si adattano alle loro diverse disabilità. Nell'ottica di Sacks, tuttavia, l'adattamento non è passivo e giunge a modificare sostanzialmente la stessa base patologica.


Oliver Sacks  3
  


La concezione di Sacks infatti postula l'unità olistica delle strutture nervose, per cui una funzione danneggiata collocata in una certa area, può essere vicariata e in parte corretta dall'uso sinergico di altre aree. Tipico il caso dell'afasico che riesce a parlare cantando o del discinetico che si muove alla perfezione se accompagnato da musica. Nello stesso senso va inteso l'uso della narrazione così come intesa dalla narratologia.
Da un suo famoso libro, Risvegli, è stato tratto un film in cui Sacks è stato impersonato da Robin Williams e uno dei suoi pazienti da Robert De Niro. Risvegli narra l'esperienza del trattamento di pazienti post encefalitici affetti da encefalite letargica con L-DOPA durante gli anni sessanta.



Risvegli



In altri suoi libri, descrive casi di sindrome di Tourette, degli effetti del morbo di Parkinson e di fenomeni meno conosciuti, come la visione cieca, la Sindrome di Korsakov e altri.
Tema trasversale alla sua trattazione è quello della "romantic science", ovvero la necessità di promuovere una scienza e una clinica che, pur nel loro assoluto rigore, non dimentichino mai la fondamentale attenzione alla "dimensione umanistica" (nel senso delle necessità e dei bisogni della soggettività umana), che le dovrebbe sempre criteriare.

Risvegli
Risvegli (Awakenings) è un film del 1990 diretto da Penny Marshall, con Robert De Niro e Robin Williams.
Basato sui ricordi e l'esperienza di Oliver Sacks raccolte in un suo libro omonimo (usato da Harold Pinter come base per la sua opera teatrale A Kind of Alaska messa in scena nel 1982), è stato nominato agli Oscar per miglior film, migliore sceneggiatura non originale e miglior attore (De Niro).



Risvegli 2



Piccoli cameo del jazzista Dexter Gordon che appare come paziente e dell'allora sconosciuto Vin Diesel che interpreta un inserviente dell'ospedale.
Trama
Il film racconta la storia vera di un dottore (Oliver Sacks, nella finzione Malcolm Sayer, interpretato da Williams) che, nel 1969, scopre l'effetto positivo di un nuovo farmaco, la L-DOPA, sulla scorta delle nuove evidenze che il farmaco stava allora acquisendo nella terapia del morbo di Parkinson. Egli somministra questa "medicina" ad un paziente affetto da catatonia. Questo stato rappresentava l'evoluzione finale dei danni cerebrali 


Risvegli 3
  


provocati, decenni prima, dall'encefalite letargica, una patologia dovuta a un virus non ancora identificato, che si manifestò come pandemia nell'arco di tempo 1917-1924. Il dottor Sayer osservò una somiglianza tra la condizione dei pazienti catatonici a cui somministrò la levo-dopa e l'amimìa e acinesìa tipiche dei pazienti parkinsoniani. Leonard Lowe (interpretato da De Niro) e il resto dei pazienti vengono risvegliati dopo aver vissuto per decenni in stato catatonico e si ritrovano a vivere una vita del tutto diversa dalla precedente.
Sayer ha rimosso tutti i suoi pazienti da uno stato quasi incosciente ma, col passare del tempo, capisce di non poterli fermare dal ritornare di nuovo nello stato "dormiente". 


Risvegli 4
  


La Levo-dopa infatti dà rapidamente assuefazione, da qui la necessità di un continuo incremento del dosaggio, con la comparsa degli effetti collaterali tipici come tic, movimenti involontari, allucinazioni e cambiamento dell'umore con note di aggressività e deliri persecutori. Leonard Lowe, il primo paziente ad essere "risvegliato", è anche il primo a sviluppare gravi problemi a causa degli effetti collaterali del farmaco, e tutti gli altri pazienti non vogliono arrivare alla sua stessa situazione. Col passare del tempo, Leonard comincia ad avere spasmi per tutto il corpo, a fare fatica a muoversi ed a parlare a causa dei frequenti tic. Leonard, comunque, chiede a Sayer di continuare a 


Risvegli 5
  


dargli la medicina, di controllarlo e di filmarlo poiché vorrebbe un giorno contribuire alla scoperta di un medicinale che potrebbe salvare la vita ad altri. Egli si interessa inoltre ad una donna di nome Paula, il cui padre è uno dei pazienti dell'ospedale.
Leonard e Sayer, inoltre, si scontrano con l'amministrazione dell'ospedale che si rifiuta di permettere loro di far uscire i pazienti. Sayer, riluttante, accetta la decisione mentre Leonard vuole cominciare a vivere la sua nuova vita dopo essere stato per molti anni addormentato. Presto però Leonard torna al suo stato catatonico, e ciò si rivela molto difficile da accettare per le infermiere, per Sayer, ma specialmente per la madre di Leonard. Sayer dice al gruppo 


Risvegli 6
  


di assegnazione dei donatori dell'ospedale che, sebbene il "risveglio" non possa essere totale, può essere una ripresa di vita anche solo per un piccolo periodo. Sayer, tuttavia, si sente depresso per non essere riuscito a "risvegliare" del tutto Leonard, ma Eleanor gli rivela che Leonard lo considerava il suo migliore amico. Sayer, ricordando il consiglio dello stesso Leonard di vivere ogni minuto della vita, chiede a Eleanor di uscire a prendere una tazza di caffè insieme.