Elenco blog personale

sabato 1 settembre 2012

NEURONI SPECCHIO, LINGUAGGIO E COSCIENZA






NEURONI SPECCHIO, LINGUAGGIO E COSCIENZA

Una scoperta italiana riapre il dibattito sulle basi della comunicazione


Come fa un neonato a riconoscere dai gesti i comportamenti di chi gli sta attorno, a capire che le braccia tese della madre sono un invito a ripetere lo stesso gesto per essere sollevato? Come funziona il meccanismo che ci fa intuire il significato delle azioni altrui, che regola il legame fra chi osserva e chi agisce? Un meccanismo così importante che, quando si guasta, può causare gravi malattie del comportamento, come l'autismo. E che potrebbe essere addirittura all'origine del sistema che permette all'uomo di comunicare i propri pensieri con il linguaggio.
La scoperta dei "neuroni specchio", comunicata nel 1996 da un gruppo di neurofisiologi italiani - diretto da Giacomo Rizzolatti - che opera all'Istituto di


Giacomo Rizzolatti - Istituto Fisiologia, Università di Parma
  


fisiologia umana dell'Università di Parma, è alla base della prima teoria che spiega in modo assai convincente come è fatto e come funziona questo meccanismo. Arrivata come una bomba nel mondo delle scienze cognitive, questa scoperta ha suscitato un vasto dibattito, che tocca ambiti apparentemente distanti, come la teoria del linguaggio, l'intelligenza artificiale e, in definitiva, lo studio scientifico della coscienza. Fino a costituire, all'ultima conferenza dedicata agli studi sulla coscienza - svoltasi a Tucson, in Arizona, nell'estate 1998 - 1'argomento al centro di tutti i dibattiti, "una delle scoperte più entusiasmanti nel campo delle scienze cognitive", come l'ha definita Michael Gazzaniga, guru delle neuroscienze cognitive.
Che cosa sono i neuroni specchio e come sono collegati alla coscienza? Lo abbiamo chiesto a Giacomo Rizzolatti e ai suoi colleghi Vittorio Gallese, Luciano Fadiga e 


Aree cerebrali interessate dai neuroni specchio
  


Leonardo Fogassi, un'équipe che lavora in una tale sintonia che non e possibile attribuire le risposte ai singoli componenti.
"Prima di rispondere vorremmo fare il punto sullo stato delle conoscenze relative alla corteccia premotoria della scimmia [all'Istituto di Parma gli esperimenti sono stati condotti su esemplari di Macaca nemestrina, N.d.A.] un tempo chiamata area 6 e oggi invece suddivisa in aree più ristrette, tra le quali è particolarmente interessante ai fini della nostra ricerca l'area F5. La corteccia premotoria è una porzione della neocorteccia cerebrale specializzata nell'organizzazione dei movimenti: proprio in virtù di questa funzione, queste aree non hanno unicamente il compito d'inviare l'informazione attraverso 1'area motoria primaria al midollo spinale e quindi alla sede da cui parte il comando per l'esecuzione del movimento, ma sono anche in grado di integrare informazioni di tipo sensoriale come quelle visive.
L'Istituto di fisiologia umana di Parma è all'avanguardia nello studio dell'organizzazione della corteccia premotoria, ed è stato uno dei primi a evidenziare la possibilità di suddividere l'area 6 in varie regioni. Nell'ambito di questi studi, abbiamo scoperto l'esistenza di neuroni la cui attività è correlata con l'organizzazione di quei movimenti della mano e della bocca che consentono di afferrare un oggetto. Una caratteristica di questi neuroni è quella di essere attivati non solo immediatamente prima e durante l'esecuzione del movimento, ma anche quando il soggetto, nel nostro caso scimmie macaco, guarda gli oggetti. Abbiamo chiamato questi neuroni, si­tuati nell'area F5, neuroni canonici. »
Potremmo dire allora che i neuroni canonici rappresenta­no in un certo senso il ponte tra l'in formazione visiva e l'atto di movimento: non solo sono in grado di dare il comando all'arto, ma anche immaginano di farlo?



Attività ed aree cerebrali interessate dai neuroni specchio
  


“Più precisamente, questi neuroni "codificano un piano motorio potenziale", che poi può essere eseguito o no. Saran­no altre strutture del cervello a determinare se l'azione verrà eseguita. Recenti studi, eseguiti con la tomografia a emissione di positroni (PET), hanno dimostrato che anche nell'uomo avviene un fenomeno simile: mostrando a un individuo og­getti di uso comune che possono essere afferrati con due dita o con tutta la mano, si attivano le relative aree motorie, an­che in assenza di movimento degli arti. »
Qui, come in ogni scoperta importante, interviene il caso. Un giorno in cui i ricercatori erano impegnati nella mappatu­ra dei neuroni canonici relativi ai movimenti tra la mano e la bocca, uno di loro interruppe l'esperimento per addentare un panino. Dal registratore applicato all'animale che gli stava di fronte partì una serie di segnali inequivocabili: un gruppo di neuroni nell'area in esame stava scaricando. La scimmia non stava compiendo un movimento, né si preparava a farlo, ep­pure alcuni neuroni dell'area F5 del suo cervello erano attivi. Fu questa prima osservazione a dare origine a un nuovo pro­gramma di ricerca che apre nuove prospettive nello studio della genesi del linguaggio, di alcune malattie del comporta­mento, e in generale dei rapporti tra mente e corpo.



Effetti imitativi dei neuroni specchio



“I neuroni specchio - spiega uno dei ricercatori - sono pra­ticamente identici ai neuroni canonici: anch'essi si attivano quando l'animale muove la mano per prendere un oggetto, anch'essi non inviano semplicemente comandi per far con­trarre i muscoli, ma piuttosto per uno "scopo" che richiede l’impiego coordinato di parecchi muscoli. Praticamente iden­tici dal punto di vista motorio, questi neuroni si differenziano dai neuroni canonici in quanto non è la visione di un oggetto da afferrare ad attivarli, ma l'osservare un altro soggetto che compie un'azione. Non sono neuroni che "pianificano" un'a­zione, ma neuroni che "rispecchiano" un movimento: perciò li abbiamo chiamati neuroni specchio o, come ormai li chia­mano tutti all'estero, mirror neurons. Questo porta a una nuova interpretazione del sistema mo­torio, non più visto come l'ultimo anello della catena che dalla volontà o dall'immaginazione porta all'esecuzione, ma come un sistema utilizzato anche per 


Aree cerebrali interessate dai neuroni specchio
  


capire quello che viene eseguito da altri. E’ il sistema che il nostro cervello utilizza per interpretare la realtà, per esempio per distinguere un og­getto inanimato da un soggetto pensante. Esso permette al­l‘individuo di essere l'attore del proprio comportamento motorio, ed è fondamentale per assegnare questa capacità anche agli altri viventi. »
Si potrebbe perciò dire che i neuroni specchio sono, in de­finitiva, all'origine di una nuova interpretazione del rappor­to tra coscienza di sé e ambiente?
«La nostra scoperta forse non dice molto sulla "coscien­za", che è un termine passe-partout, ma dice molto sull'em­patia: propone cioè un meccanismo neurologico per spiega­re come possiamo capire che cosa fanno gli altri. Perciò ha interessato gli psicoanalisti e i sociologi, in quanto molti dei nostri comportamenti sarebbero dovuti a questo sistema empatico quasi naturale.»



Effetti imitativi dei neuroni specchio



Secondo gli esperti, il bravo venditore, davanti a un cliente «difficile», tende a ripetere i gesti del suo interlocutore per metterlo a suo agio e condividere le sue sensazioni. Poi, a po­co a poco, modifica il linguaggio del suo corpo, così da crea­re una specie di empatia con il cliente. Questo comportamen­to rappresenta una traccia dello sviluppo evolutivo all'origine dei neuroni specchio? Finora si è parlato di esperimenti su animali; ma è possibile estrapolare tali risultati all'uomo e, se lo è, come si lega la vostra scoperta alla genesi del linguaggio?
“Dopo i primi risultati ci siamo chiesti se nell'uomo esista un sistema analogo. Con esperimenti di stimolazione ma­gnetica transcraniale, non invasivi né dolorosi, abbiamo dimostrato che in effetti è così. Poi abbiamo ripetuto gli esperimenti al "San Raffaele" di Milano, dove c'è un gruppo che lavora con la PET. E qui è venuta la seconda novità: ab­biamo trovato una regione specchio attiva nell'area di Bro­ca, deputata all'elaborazione del linguaggio. Ciò significa, secondo noi, che questo sistema potrebbe essere il precurso­re del linguaggio: il meccanismo dei neuroni specchio po­trebbe cioè costituire il prerequisito neurale per lo sviluppo della comunicazione interindividuale e infine del linguaggio. La nostra ipotesi è che la specializzazione linguistica dell'a­rea di Broca sarebbe derivata da un meccanismo più antico collegato alla generazione e alla comprensione degli atti mo­tori. Partendo da questo meccanismo, i processi evolutivi connessi allo sviluppo della vita sociale tipica dei primati potrebbero aver favorito la capacità di eseguire e interpreta­re i gesti della bocca e delle mani usati per comunicare.
Questo nuovo filone di ricerca interessa perciò anche i lin­guisti, gli studiosi dell'apprendimento e chi si occupa dei di­sturbi del comportamento. La scoperta dei neuroni specchio e dell’esistenza di un sistema analogo nell'uomo rende lecita l'ipotesi che queste rappresentazioni motorie vengano utiliz­zate anche per creare rapporti empatici con gli altri. È facile ipotizzare che disturbi come la schizofrenia o l'autismo pos­sano essere legati a un deficit al momento dell'organizzazione o del funzionamento di queste rappresentazioni motorie.” A questo punto sembra chiaro che la vostra posizione è al­l’estremo opposto della separazione mente-corpo. La co­scienza di sé e l'empatia dipendono non solo dal cervello, ma dall'organismo nel suo totale. Un cervello che non fosse in grado, o non avesse arti da far muovere, non avrebbe neppu­re la capacità di rapportarsi con gli altri.



Aree cerebrali interessate dai neuroni specchio  2



«Certo. La nostra posizione mette sempre più in discussio­ne la concezione del cervello come "macchina di Turing", e­laboratore di simboli. Noi, così come altri ricercatori, siamo sempre più portati a considerare il cervello un organo bio­logico inserito in un organismo biologico, per il quale è importantissima l'interazione con l'ambiente. Siamo sulla sponda opposta a quella, per esempio, su cui si colloca Fran­cis Crick con la sua “Astonishing Hypothesis” (La scienza e l'a­nima, Rizzoli, 1994). Anche se proprio Crick ha mostrato re­centemente molto interesse per le nostre ricerche. Anche la nostra, in effetti, è per lui un'ipotesi sorprendente.»

Nessun commento:

Posta un commento