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venerdì 31 agosto 2012

Jerome Bruner, cultura, mente e linguaggio







 Jerome Bruner, cultura, mente e linguaggio

Jerome Seymour Bruner (New York, 1 ottobre 1915) è uno psicologo statunitense che ha contribuito allo sviluppo della psicologia cognitiva e la psicologia culturale nel campo della psicologia dell'educazione.



Jerome  Bruner




Cenni biografici

Studiò prima alla Duke University di Aversa, dove conseguì il BA nel 1937, poi alla Harvard University, dove conseguì il Ph.D. in psicologia nel 1941. Durante la Seconda guerra mondiale si occupò di propaganda e opinione pubblica. Lavorò a stretto contatto con Hadley Cantril.
Divenuto in pochi anni uno dei ricercatori statunitensi più importanti in ambito psicologico, nel 1952 diede il via al progetto cognizione, un percorso di ricerca che contribuì a rinnovare profondamente la psicologia accademica americana. Portato alla ribalta dal progetto cognizione, nel 1956 Bruner raggiunse l'Europa e conobbe il grande psicologo svizzero Jean Piaget. Durante il suo soggiorno europeo inoltre venne a conoscenza dell'opera di Lev Vygotskij. Tornato ad Harvard, nel 1960 Bruner istituì il Centro di studi cognitivi, sancendo definitivamente l'affermazione 


Jerome  Bruner in Italia
  


scientifica del Cognitivismo rispetto al Comportamentismo allora predominante.
Sempre nel 1960, Bruner si impegnò in nuovi ambiti di ricerca psico-pedagogici. Le sue ricerche in questo campo avevano un'origine sociale. Il lancio del primo Sputnik sovietico, avvenuto in quegli anni, aveva evidenziato un ritardo tecnologico degli Stati Uniti rispetto ai rivali dell'Unione Sovietica e questo aveva portato la società americana a riflettere sull'effettiva funzionalità del sistema scolastico statunitense, ancora fondato sul modello attivista di John Dewey. Così nel 1959, l'Accademia Nazionale delle Scienze si riunì a Woods Hole e la conferenza fu presieduta proprio da Jerome Bruner. Esito della conferenza fu l'uscita nel 1960 del rapporto di revisione del sistema scolastico con il titolo "The process of education". La nuova proposta psico-pedagogica contenuta nel rapporto fece presto il giro del mondo e nel decennio che seguì Bruner continuò ad approfondire la sua ricerca pedagogica nel filone della psicologia cognitiva.



Jerome  Bruner  2



Nel 1972 Bruner si trasferisce alla Oxford University dove approfondisce gli studi precedenti. Ad Oxford sviluppa le sue intuizioni sulla relazione tra cultura, mente e linguaggio, producendo risvolti originali come il concetto di negoziazione e la sua psicologia culturale.
Nel 1983 è uscita una sua autobiografia intitolata In search of mind: essay in autobiography.
Nel 1987 gli è stato attribuito il Premio Balzan per la psicologia umana "per aver abbracciato nelle sue ricerche tutti i principali problemi della psicologia umana, su ciascuno portando un contributo originale non solo valido teoricamente, ma altresì atto a trovare applicazione nello sviluppo delle facoltà psichiche dell’uomo" (motivazione del Comitato Generale Premi Balzan).


Jean Piaget e Jerome Bruner





Ricerca psicologica e Contesto culturale

La psicologia cognitivista di Bruner è fortemente innovativa nell'ambiente accademico americano. Nei primi anni in cui Bruner lavora la ricerca psicologica americana è ancora centrata sul paradigma del comportamentismo, introdotto con successo nel 1913 da John Watson. Il comportamentismo considerava la mente alla stregua della tabula rasa già proposta in ambito filosofico dall'empirismo. L'apprendimento dell'individuo veniva così ridotto ad un'azione passiva da parte dello stesso, indotto a comportarsi in un certo modo determinato dalla relazione stimolo-risposta, che aveva trovato grande successo negli esperimenti di laboratorio di un altro grande comportamentista: Burrhus Skinner.
Il comportamentismo era figlio della cultura filosofica intrinseca alle origini stesse degli Stati Uniti, ovvero al pragmatismo. Questo paradigma culturale era infatti legato alla necessità di un'intelligenza pratica e applicativa che i primi coloni del Nuovo Mondo dovettero utilizzare per sopravvivere in un ambiente avverso e sconosciuto.
Le fondamenta con cui il 


Jerome Bruner  3
  


comportamentismo si era affermato nelle università americane tuttavia iniziarono a vacillare quando dal Vecchio continente arrivarono teorie psicologiche innovative. Negli anni '30 infatti Kurt Koffka e Wolfgang Köhler, esponenti di punta della psicologia della forma (psicologia della Gestalt), si trasferirono negli USA per sfuggire alle persecuzioni naziste. La psicologia della forma proponeva un'idea di individuo molto più dinamica di quella comportamentista. Non considerava affatto la mente umana come una tabula rasa che riceve passivamente gli stimoli sensoriali, ma presentava un modello di interazione tra schemi mentali intrinsechi e percezioni estrinseche. Il soggetto percepiva così la buona forma dell'oggetto attraverso degli schemi mentali presenti sin dalla nascita, che organizzavano il materiale percepito in una forma determinata.
Questo paradigma psicologico beneficiava della tradizione filosofica tedesca, con particolare riferimento all'opera di Immanuel Kant, che senza una verifica sperimentale aveva già intuito, nel XVIII secolo, l'idea di una mente che percepisce la realtà su schemi intrinseci ad essa, chiamati dal filosofo giudizi sintetici a priori.



Jean Piaget,  L.S. Vygotsky, Jerome Bruner



Un'altra scossa alla teoria comportamentista fu data dal successo ottenuto in America dalla psicoanalisi di Freud. Sin dalla sua nascita la psicologia era rimasta legata al paradigma positivista del razionalismo. Pertanto la mente umana era stata studiata come un sistema razionale e organizzato. Né il comportamentismo, né la psicologia della forma si erano allontanati da questo concetto, infatti il primo proponeva il modello razionale causa-effetto, rappresentato dal binomio fondamentale stimolo-risposta, mentre la Gestalt proponeva schemi mentali intrinseci indipendenti da ogni emotività individuale, esclusivamente legati ad un'organizzazione razionale della mente-soggetto sul materiale percepito-oggetto.
La psicoanalisi invece, pur non essendo epistemologicamente considerabile come scienza, evidenziò l'aspetto irrazionale della personalità individuale. Freud aveva infatti teorizzato che il comportamento personale non fosse che "la punta dell'iceberg" di un esteso insieme di impulsi, ricordi, valori e molto altro ancora, schematizzato nelle categorie dell'Es – la parte irrazionale della mente, legata prevalentemente agli impulsi del piacere -, dell'Io – che mantiene l’ equilibrio tra super io ed es - e del super-io – valori e regole sociali apprese dall’individuo durante l’infanzia e rappresentano la parte razionale della mente.



Jerome Bruner  4



La teoria psicoanalitica era fortemente influenzata dalla corrente filosofica dell'irrazionalismo, che già con le sue punte di diamante, Schopenhauer e Nietzsche, aveva messo in crisi le filosofie ottimiste e razionaliste di Hegel e Auguste Comte. Bruner fu uno dei primi a rendersi conto dell'importanza del messaggio che la psicoanalisi mandava al mondo psicologico, tanto che sarà il primo ad introdurre l'aspetto irrazionale dello studente come vera e propria strategia cognitiva nelle sue ricerche pedagogiche.
La reazione a questo proliferare di nuove teorie si manifestò unitariamente in un movimento psicologico denominato New look on perception, a cui lo stesso Bruner aveva contribuito. Il New look, unito al concetto innovativo di set cognitivo pose le basi della psicologia cognitivista bruneriana e può essere considerato il mantra di tutte le sue ricerche future.



Jerome Bruner e il Prof  Baccelli 


Il set cognitivo

Quando Bruner si approccia allo studio del New look, il set cognitivo è ancora in fase di studio e la ricerca è contemporanea a quella dello psicologo di Harvard, pertanto lo stesso autore invita alla prudenza nella sua opera Beyond the Information Given, ma appare anche stimolato dall'argomento ancora poco chiaro e dunque pronto ad essere arricchito.
Il concetto di set cognitivo è centrato sul dinamismo della mente nell'atto di percepire e di conseguenza apprendere. La mente dinamica va in controtendenza a quella statica proposta dalla psicologia della gestalt. Infatti, il set cognitivo sarebbe un meccanismo di percezione selettiva degli elementi della realtà, in continuo mutamento. La selezione è in effetti dovuta a strutture mentali intrinseche che già la gestalt aveva proposto, ma queste strutture non sono semplici meccanismi innati e statici di organizzazione del percepito, ma mutevoli forme fortemente influenzate da esperienze passate, bisogni ed interessi sviluppati 


Jerome Bruner  5
  


dall'individuo. L'individuo quindi percepisce il mondo a seconda di come le sue strutture mentali interne selezionano il materiale percepito e queste strutture sono in continua evoluzione e cambiamento, in funzione di nuovi accomodamenti ed apprendimenti di cui il soggetto fa esperienza.
Alla luce di queste argomentazioni Bruner mostra i limiti della teoria comportamentista. Il set cognitivo cambia radicalmente l'idea di mente che percepisce passivamente come un mero specchio della realtà, presentandola come una struttura attiva nella percezione dell'oggetto e che influenza fortemente il materiale percepito dal soggetto. Il processo cognitivo diventa così dinamico e interattivo con la realtà, ma anziché essere limitato ad una semplice sequenza di accomodamenti, com'era invece nel comportamentismo, è trasversale nell'utilizzare ogni proprietà della mente nel suo intero.



Jerome-Bruner in Italia 2



Un riferimento esplicativo può essere rintracciato nel pensiero del filosofo francese Jean Paul Sartre, che proponeva un concetto di mente come faro che illumina la realtà e nullifica ciò che della realtà l'individuo non riesce a percepire. Il set cognitivo del New look può essere quindi inteso come un faro che fa luce nella realtà buia e permette di percepire ciò che è illuminato, questo faro è composto da tutte le conoscenze pregresse, le esperienze vissute, i valori, gli interessi, i bisogni e soprattutto la cultura del soggetto percepiente. Ciò che invece esce dal fascio di luce è nullificato dalla mente, pertanto non ha un valore cognitivo che possa generare un apprendimento o una semplice conoscenza.
Il concetto di set cognitivo avrà un grande impatto anche sulla psicopedagogia di Bruner, essendo un modello che risponde alla domanda promotrice della ricerca cognitivista: come conosciamo il mondo?. Infatti le categorie mentali che formano le strutture del set rappresentano delle vere e proprie strategie cognitive attraverso le quali l'individuo conosce la realtà sulla base delle proprie motivazioni, che si ampliano in corrispondenza di uno spettro più ampio di bisogni e conoscenze pregresse, più in generale della cultura.


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