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sabato 25 agosto 2012

Alla ricerca della memoria perduta




 Alla ricerca della memoria perduta

Ancora sul famoso caso del paziente H. M.


La storia delle neuroscienze è costellata da casi clinici divenuti paradigmatici: gli studiosi vi fanno riferimento perché sono la testimonianza di fenomeni osservati per la prima volta e che gettano nuova luce su sindromi sconosciute prima. È così che H. M. è diventato un paziente famoso: i suoi disturbi di memoria erano del tutto particolari e riguardavano le informazioni apprese da poco, mentre i suoi ricordi di infanzia erano intatti.
H. M. aveva sempre sofferto di crisi epilettiche. Quando aveva 27 anni i medici 


  


decisero che l’unico modo per intervenire sulla sua epilessia resistente ai farmaci era attraverso un’operazione chirurgica: vennero asportati dal suo cervello l’amigdala, l’uncus, il giro ippocampico e i due terzi anteriori dell’ippocampo. Praticamente buona parte dei lobi temporali mediali vennero asportati. Era un giorno del settembre 1953 e le conoscenze che i medici possedevano in quel periodo non permettevano di predire se un intervento chirurgico così importante avrebbe comportato conseguenze neurologiche gravi per il paziente.
H. M. aveva un diploma di scuola superiore e aveva lavorato come tecnico in una piccola impresa di elettricità fino a qualche giorno prima dell’operazione chirurgica.


  


suoi attacchi si manifestavano come gravi convulsioni generalizzate, con morsicamento della lingua, incontinenza, perdita di coscienza, tremore (tutti i sintomi caratteristici della cosiddetta epilessia “del grande male”).
L’eziologia degli attacchi non era molto chiara: H. M. raccontava di essere stato investito da una bicicletta quando aveva 9 anni, e che immediatamente dopo questo incidente era rimasto incosciente per 5 minuti, riportando una lacerazione della regione sopraorbitale sinistra. Le indagini radiologiche erano risultate negative, come pure l’esame fisico. Le indagini elettroencefalografiche non riportavano la


  


presenza di foci epilettogeni. Nonostante si fosse curato per tanti anni con terapia farmacologica, il giovane non era mai riuscito a tenere sotto controllo le manifestazioni degli attacchi, e i suoi sintomi erano andati via via peggiorando. Qualche giorno prima dell’intervento H. M. aveva avuto una crisi particolarmente grave ed era stato costretto ad abbandonare il posto di lavoro.
Dopo che l’intervento fu concluso, H. M. rimase incosciente per qualche giorno. Quando si svegliò sembrò confuso e agitato: sembrava che avesse perso completamente la memoria e non riusciva a ricordare più nulla né dell’intervento né della sua vita trascorsa. Con il passare dei giorni H. M. sembrava rimettersi: i suoi parenti lo aiutavano a ricostruire episodi della sua infanzia e adolescenza, gli portavano oggetti che lui riconosceva come familiari, gli rammentavano nomi, date, aneddoti del suo passato. E così cominciò a ricordare. Ciò che stupiva i parenti, però, (e  
non solo loro ma anche i medici e gli infermieri!) era il fatto che H. M. non li riconoscesse: negava di essere stato con qualcuno di loro il giorno prima, sosteneva di non averli mai veduti, negava che un infermiere o un medico fossero entrati nella stanza cinque minuti prima. Era come se cancellasse gli episodi immediatamente dopo che erano successi: non c’era avvenimento che si conservasse nella sua memoria e diventasse un nuovo ricordo. I suoi problemi di memoria vennero diagnosticati con sistematicità circa due anni dopo l’intervento, quando venne sottoposto al suo primo esame neuropsicologico formale. Quando gli venne chiesto se sapeva che giorno fosse, lui rispose che era un giorno di marzo del 1953. Praticamente i suoi ricordi si fermavano al giorno dell’intervento che H. M. negava avesse mai avuto luogo. Il suo quoziente di intelligenza non risultò basso: mostrò di possedere brillanti capacità di pensiero astratto e di ragionamento. Solo, pareva che insieme al suo lobo temporale mediale i medici avessero asportato anche la sua capacità di formare nuovi ricordi. L’incapacità di ricordare le vicende della


  


vita di ogni giorno, i gesti appena compiuti, i discorsi appena ascoltati, le pagine di un libro appena lette, indicano tutti una grave perdita della memoria dichiarativa a breve termine. Della sua memoria H.M. aveva conservato solo i ricordi precedenti l’intervento chirurgico. Oggi H. M. continua ad avere gli stessi problemi di memoria, ma ha imparato col tempo a conviverci e ad accettare la sua malattia. (Redatto prima della morte che come abbiamo detto nel post precedente Henry Gustav Molaison e i disturbi della memoria è avvenuta ad Hartford, 2 dicembre 2008.) Alleghiamo una ulteriore nota giornalistica il giorno delle sua morte


 



Aveva memoria del passato lontano. ma dal 1953 ogni giorno per lui è stato «nuovo»
Morto l'uomo che non poteva ricordare
Aveva 82 anni. È considerato il più importante caso della storia della neurologia


E' morto nel Connecticut a 82 anni Henry Gustav Molaison. Era conosciuto dai neurologi di tutto il mondo, ma solo con le sue iniziali. «H.M» è infatti considerato il più importante paziente della storia della neurologia. Henry, come ricorda il New York Times riportando la notizia, sapeva come si chiamava, sapeva che la sua famiglia veniva dalla zona di Los Angeles, era al corrente del crack del 1929 e della Seconda Guerra Mondiale. Ma dal 1953 , per ben 55 anni, ha vissuto ogni giorno come fosse «nuovo», perchè da allora non è stato più in grado di costruire memorie recenti e di accumulare esperienze.




 



L'OPERAZIONE - L'episodio che ha cambiato per sempre la sua vita fu un intervento chirurgico al cervello cui si sottopose per cercare di curare attacchi epilettici che erano diventati insostenibili per frequenze e gravita Gli attacchi erano cominciati dopo una caduta in bicicletta con conseguente trauma cranico. I medici, dopo aver tentato tutte le terapie decisero di asportargli una piccola porzione di tessuto nervoso ritenuta l'origine delle «scariche» . Il problema è che in quegli anni gli specialisti non disponevano di Tac, risonanze magnetiche o altri strumento per «guardare» dentro il cervello e tantomeno sapevano della «distribuzione» delle varie funzioni nelle diverse aree cerebrali. La memoria, per esempio, era ritenuta una funzione diffusamente distribuita a tutto il cervello. Dopo l'intervento cominciarono consulti con specialisti fatti arrivare anche da oltre confine per studiare il caso. 


  


Dall'età di 27 anni «H.M». ha sostanzialmente vissuto ogni giorno come un caso clinico, e ogni giorno gli specialisti, sottoponendolo a innumerevoli test, hanno dovuto «ricominciare daccapo» insieme a lui.


DUE MEMORIE - La svolta negli studi sulla memoria stimolati dal caso «H.M» avvenne nel 1962, quando fu pubblicato uno studio che dimostrava che il paziente aveva una parte di memoria intatta. La scoperta aprì alla comprensione dell'esistenza di due tipi di memoria fondamentali: uno riferito a nomi, facce, avvenimenti e nuove esperienze che devono essere archiviate e essere recuperate a livello cosciente, e un altro tipo che viene archiviato e utilizzato in modo inconscio. Questo secondo tipo è quello che permette, per esempio, di guidare o di risalire su una bicicletta dopo molto tempo e di mettersi a pedalare immediatamente senza sapere bene come mai si è ancora capaci.




 



COME EINSTEIN - Fu solo l'inizio. Da allora il caso «H.M» è stato da stimolo diretto o indiretto a molte scoperte che hanno permesso di conoscere i meccanismi della memoria. Henry Molaison ha vissuto la sua vita nel Connecticut, prima coi genitori, poi coi familiari, infine in un'istituzione. «La perdita della memoria lo ha reso indimenticabile», ha scritto il New York Times dell'uomo che aveva disimparato a ricordare. La morte di H.M. è stata confermata da Suzanne Corkin, la scienziata del Massachusetts Institute of Technology che per decenni aveva lavorato al caso e adesso ha ordinato di conservarne il cervello per studi futuri, nello stesso spirito di quello di Albert Einstein: un insostituibile esempio di storia scientifica.



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