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sabato 16 giugno 2012

Stephen D. Krashen




 Stephen D. Krashen  
è uno degli studiosi che maggiormente hanno influenzato le più moderne teorie sull’apprendimento di una lingua.
Classe 1941, Ph.D. in Linguistics a UCLA, Krashen è attualmente titolare della cattedra di Education presso la University of Southern California.
Tra i suoi numerosi libri ricordiamo Principles and Practice in Second Language Acquisition, del 1981, The Natural Approach: Language Acquisition in the Classroom, del 1983 (con T. Terrell). In italiano troviamo H. Dulay, M. Burt, S. Krashen, La seconda lingua, Il Mulino 1985.
Krashen è famoso soprattutto per le sue cinque ipotesi:
 
1.           Distinzione tra acquisizione e apprendimento. Krashen distingue due processi fondamentali attraverso cui si impara una lingua: l’acquisizione, un processo inconscio, e l’apprendimento, un processo conscio rivolto alla forma linguistica. L’acquisizione per Krashen è profonda, stabile, e genera comprensione e produzione linguistica con processi automatici mentre l’apprendimento, razionale e volontario, è di durata relativamente breve e funge da monitor per l’esecuzione linguistica. Riguardo alla possibilità se l’apprendimento razionale possa trasformarsi in acquisizione, la risposta di Krashen è di solito negativa.
2.           Ipotesi del monitor. Il monitor è quella parte del sistema interno dell’apprendente responsabile dell’elaborazione linguistica consapevole. Il monitor varia a seconda dell’età, dello stile cognitivo e delle modalità di apprendimento della L2.
3.           Ipotesi dell’ordine naturale. Le regole (grammaticali) della L2 vengono acquisite attraverso un ordine naturale. Per Krashen l’ordine vale quando le regole sono acquisite, ossia imparate inconsciamente, poiché se esse sono apprese, quindi applicate consapevolmente, è possibile che gli apprendenti non seguano l’ordine naturale.
4.           Ipotesi dell’input. Secondo Krashen l’unico modo per far progredire l’acquisizione consiste nell’esposizione all’input. Aggiunge inoltre che le persone acquisiscono una lingua straniera solo se ricevono un input comprensibile e i loro filtri affettivi sono sufficientemente bassi da permettere l’ingresso dell’input stesso. L’input cioè deve situarsi nella corretta posizione lungo l’asse dell’ordine naturale di acquisizione, cioè immediatamente dopo l’input che fino a quel momento è stato acquisito. Da qui la nozione di i + 1, che sarebbe il livello dell’input a cui uno studente dovrebbe essere sottoposto per procurargli acquisizione: il livello (i) a cui si trova lo studente + 1.
5.           Ipotesi del filtro affettivo. Con questa ipotesi Krashen spiega perché gli apprendenti esposti a una stessa quantità di input comprensibile, abbiano tempi e esiti di apprendimento diversi. Per Krashen non tutto l’input viene utilizzato; una parte viene tagliata da un filtro che si alza e si abbassa in base a fattori affettivi quali il desiderio di integrarsi nella nuova cultura, l’ansia, l’autostima, ecc…
Krashen ha avuto il grande merito di dire delle cose interessanti in modo chiaro e semplice, di creare degli slogan, dei principi utili a tutti gli insegnanti da tenere a mente e con cui confrontare la nostra azione quotidiana, dei “segnaposto” teorici della didassi.
Ma forse queste teorie e ipotesi diventano ancora più interessanti come punti di partenza, come prospettive da falsificare, da superare. Lo faremo in un (o più di uno) altro articolo, per ora cito il Prof. Balboni, e una sua nota riguardo alla teoria dell’input (comprensibile) pubblicata in un articolo di In.It del Giugno 2002:
E’ significativo il fatto che la Second Language Acquisition Theory di Krashen sia nata per l’inglese come L2 ma poi sia stata dallo stesso autore proposta, senza alcuna modifica, per la lingua straniera.
Le due cose sono invece molto diverse, anche se esistono delle situazioni in cui si presentano contemporaneamente: basti pensare alle scuole italiane nel mondo, in cui i primi anni sono di italiano LS mentre lentamente, essendo gli studenti immersi per gran parte della giornata in una scuola con materiali didattici in italiano, si muove verso la L2.
La differenza è sostanziale:
  • nell’italiano LS l’insegnante è l’unica fonte di input, quindi può graduare i materiali, può accettare esecuzioni imperfette sapendo che le correggerà in futuro, può decidere il programma che vuole seguire;
  • nell’italiano L2 l’input avviene essenzialmente all’esterno delle ore di italiano, non ha alcuna forma di graduazione e di selezione, ogni errore può essere corretto da altri insegnanti o da altri parlanti nativi con i quali gli studenti si trovano ad interagire, il concetto di programma si fa labile: se gli studenti hanno bisogno di capire l’opposizione tra imperfetto e perfetto oggi, in questo momento, e lo chiedono perché altrimenti non capiscono i film o le lezioni di storia, è inutile attendere l’unità didattica dedicata al passato, bisogna parlarne subito.
L’insegnante di italiano LS è un allenatore che imposta la partita come vuole lui, tanto i giocatori in campo sono tutti suoi, la partita è in realtà un allenamento interno in preparazione del grande match; l’insegnante di italiano L2 gioca invece una partita vera, i suoi giocatori sono in campo e si avvicinano alla panchina dell’allenatore per chiedere cosa devono fare in quella data situazione, visto che non hanno capito bene come gioca l’altra squadra, quella dei parlanti nativi italiani.


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