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venerdì 15 giugno 2012

ROGER SPERRY – I DUE CERVELLI







ROGER SPERRY – I DUE CERVELLI


Fino agli anni ’60 ero in uso curare persone affette da forme particolarmente gravi di epilessia con interventi chirurgici altamente invasivi. Una delle forme di intervento che sembrava particolarmente valida, perché i soggetti sottoposti all’operazione non mostravano, in un primo momento, segni di effetti collaterali invalidanti nelle comuni abilità cognitive dell’uomo, era la resezione del corpo calloso. Il corpo calloso è un complesso sistema di fibre nervose che connette funzionalmente i due emisferi cerebrali. L’idea era che la tempesta elettrica con l’origine in un punto del cervello, causa degli attacchi epilettici, non si diffondesse all’intero encefalo grazie all’isolamento dei due emisferi. Oggi non è più in uso un simile trattamento perché si è visto, in realtà, che nel lungo periodo i soggetti Split-Brain (cosi vengono chiamati i pazienti sottoposti alla resezione chirurgica del corpo calloso) danno segni di gravi disturbi cognitivi e della memoria. In ogni caso grazie a studi approfonditi che nel corso degli anni diversi ricercatori hanno condotto sui pazienti Split-Brain sono state 




A sinistra sistema limbico, formazione presente nei mammiferi da 70 mil di anni prelude all'attaccamento, accudimento, agonismo e cooperazione. A destra il cervello rettile residuo ancestrale da circa 300 mil prelude alla predazione, esplorazione e sessualità. (Vedi post "Paul D. MacLean, cervello tripartito e cognizione")
  



fatte interessanti scoperte. Roger Sperry, del California Institute of Technology di Pasedena fu il primo a condurre indagini in questo campo. Il suo lavoro pionieristico è oggi riconosciuto come un’importantissima tappa nella costruzione dell’apparato concettuale delle neuroscienze. Oltre ad importanti scoperte sull’asimmetria funzionale degli emisferi cerebrali, motivo delle indagini ed esperimenti, fu scoperto un curioso fatto che suscitò sorpresa tra gli stessi scienziati. Dal momento che i due emisferi separati dall’intervento chirurgico non hanno più la possibilità di comunicare tra loro, cioè scambiarsi segnali attraverso il fascio nervoso del corpo calloso, è possibile, con alcuni accorgimenti, inviare messaggi differenti ai due emisferi cerebrali. Ora, è stato dimostrato ripetendo gli esperimenti su diversi pazienti che è possibile chiedere all’emisfero destro di eseguire alcune azioni lasciando completamente all’oscuro l’emisfero sinistro. Cosa accade in simili condizioni? Semplice, il paziente esegue scelte o azioni in base all’indicazioni ricevute dall’emisfero destro come se tutto forse perfettamente normale. L’interessante accade quando rivolgiamo al soggetto domande sul perché







delle sua azioni. L’emisfero sinistro, nel quale ha sede l’area incaricata del discorso linguistico, quindi il solo a poter rispondere, non sa nulla delle richieste ricevute dall’emisfero destro ma in nessun caso studiato la risposta è stata: << in realtà non lo so>> . L’emisfero sinistro ha sempre trovato una spiegazione altamente plausibile anche se non aveva nessun punto di contatto con la realtà dei fatti. Per esempio se veniva proiettata, in direzione dell’emisfero destro, l’indicazione “si alzi ed esca dalla stanza” il paziente non esitava ad eseguire il compito. Quando poi gli veniva chiesto di motivare il suo comportamento forniva risposte del tipo: << volevo solo andare a prendere un po’ d’acqua>>. Questa sorprendente capacità ad avere sempre la risposta pronta ha fatto supporre a diversi scienziati che l’interpretazione dei fatti è una funzione precisa di qualche area specifica dell’emisfero sinistro, e per questo difficile da eludere. Secondo Michael Gazzaniga, del Dartmouth College nel New Hampshire, ex alievo di Sperry, << nel cervello di ognuno di noi c’è una sorta di interprete>>.Infatti






l’ipotesi che questa funzione sia presente solo nei soggetti con gli emisferi cerebrali divisi è alquanto improbabile. Molte aree del cervello assolvono ai loro compiti senza che l’attività emerga alla superficie della coscienza, eppure hanno un ruolo importante nel determinare alcuni nostri comportamenti. La teoria dell’interprete cerca di dimostrare che la formulazione di teorie e credenze in grado di spiegare in modo coerente e logico molti dei nostri comportamenti e stati d’animo sia fondamentale per il senso d’identità dell’individuo. << la mia ipotesi è che il cervello umano sia costretto a interpretare i comportamenti reali e a costruire una teoria che ne spieghi le motivazioni >>, precisa Gazzaniga. Se questa teoria si dimostra valida va da sé che, seguirne le sue logiche conseguenze, porta inevitabilmente ad una profonda revisione del nostro approccio allo studio delle credenze e teorie che da sempre l’uomo ha costruito intorno al mondo e a i sui fenomeni.

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