Tutto quello che c’è da fare per la scuola
MARCO
ROSSI-DORIA
14/01/2013
La Stampa
Caro Direttore, in questi giorni sento una fortissima urgenza: che si parli
di scuola, di com’è, di come deve diventare. E sogno una campagna elettorale
che sappia farlo. In modo positivo e dunque riparativo e innovativo. E
rispettoso, dunque partendo da quel che già si fa. Quando sono stato chiamato a
fare il sottosegretario all’Istruzione avevo appena finito un’inchiesta per La
Stampa, a più puntate, in cui avevo intervistato docenti e dirigenti
di tante
scuole. Emergeva una scuola competente e battagliera.
Che s’interroga sul futuro educativo del Paese. E che innova nonostante le
difficoltà. Cose concrete… Come abbiamo messo su un laboratorio scientifico.
Come ho fatto fare volontariato ai ragazzi del mio liceo. Come abbiamo messo
intorno a un tavolo genitori e insegnanti in modo da condividere un’idea
educativa, ciascuno facendo la sua parte anziché rimpallarsi le colpe. Come uso
la lavagna
multimediale imparando io, a mia volta, dai miei alunni. Come porto i bambini a leggere
le costellazioni nel cielo. Come metto su un’orchestra o una compagnia che
recita in un teatro vero. Come consolido bene l’Italiano e la matematica in un
quartiere di periferia.
Dopo un anno nel quale ho incontrato oltre cento scuole girando dal Nord al Sud
e dove, certo, ho visto scuole in difficoltà che chiedevano aiuto, ho
soprattutto avuto la conferma che esiste questo grande, prezioso esercito civile di
gente capace di misurarsi con nuovi modi di apprendere. E anche capace
di valutare il proprio operato sulla base dei risultati, come si fa in tutto il
mondo. Così, mi sono ulteriormente convinto che chiunque governerà questo Paese
deve poterne sostenere l’azione quotidiana, per davvero. Ho anche fatto i conti
con i grandi numeri, che sanno dire molto. Eccone alcuni, di segno anche diverso.
Noi integriamo ogni giorno nelle nostre classi, in modo sereno e serio, 200 mila
bambini e ragazzi con disabilità. Nessun altro Paese lo fa da così tanti
anni. E oggi finalmente capita che altre grandi nazioni ci guardino con ammirazione, pensando di
volerci imitare. Tanto siamo avanti che una delegazione del governo
francese è venuta e mi ha chiesto: come fate a fare una cosa così importante, i
primi tra i paesi OCSE, da 30 anni? Accogliamo, poi, 750 mila
bambini e ragazzi stranieri. Parlano italiano ormai come prima lingua, lavorano per raggiungere gli
obiettivi curricolari in tutte le discipline insieme ai nostri figli;
diventeranno – presto, si spera – i loro
concittadini a tutti gli effetti. Un
signore che ha un banco in un mercato di Roma, che si chiama Mustafà, mi ha
detto: «il vero porto che mi ha accolto sono state le maestre dei miei tre figli nelle vostre
belle scuole».
Ma è pur vero che la maggior parte dei 40 mila edifici nei quali vivono ogni mattina i nostri figli hanno cinquant’anni e passa. Molti hanno avuto buoni interventi, molti no; e pochi sono ecosostenibili. Un noto economista quando gli ho chiesto «senti, ma, anche al di là della urgenza civile,
Ma è pur vero che la maggior parte dei 40 mila edifici nei quali vivono ogni mattina i nostri figli hanno cinquant’anni e passa. Molti hanno avuto buoni interventi, molti no; e pochi sono ecosostenibili. Un noto economista quando gli ho chiesto «senti, ma, anche al di là della urgenza civile,
nell’ottica della ripresa economica, conviene
investire in questa storia?» - mi ha mostrato perché la risposta non può che essere «sì». Poi,
troppi bambini e ragazzi imparano troppo poco e il 18,3 percento di loro, quasi
sempre figli di poveri, non raggiungono una qualifica
professionale né un diploma
di scuola superiore. Sono scandalosamente troppi. Dobbiamo migliorare
presto gli apprendimenti di tutti e di ciascuno e battere la dispersione
scolastica. Nel Sud abbiamo iniziato a costruire una rete di scuole
che si dedicano a questo. Ma ci vorrà costanza e dobbiamo estendere l’impegno ovunque. Vorrei, ora,
dire la cosa più importante, in modo pacato. La scuola italiana è stata
indebolita da un disinvestimento culturale e politico che si è tradotto in tagli per 8,4
miliardi di euro nel triennio 2008-2011. E’ una somma enorme,
che ha intaccato da
allora le risorse correnti. Quando, tra qualche anno, si studierà questa cosa,
ci si troverà dinanzi a una vera e propria cesura nella storia d’Italia.
Infatti, né in tempi di penuria economica, come all’avvio dello Stato unitario, né durante le
guerre, né nei periodi di crisi e di ricostruzione si erano tolti
così tanti soldi al
sistema d’istruzione. E ci si domanderà perché è avvenuto e soprattutto
perché è avvenuto in assoluta controtendenza con il pensiero
economico, sia di ispirazione socialdemocratica che liberale, che
riconoscono nell’istruzione - oltre che il principale fattore di tenuta della
coesione sociale e di discriminazione positiva a favore di chi parte con meno
nella vita la
prima leva per la crescita equilibrata e duratura e anche per la
fuoriuscita dalle crisi. Ora è assolutamente vitale riprendere una seria politica di
investimento. Ci vuole una stagione capace di produrre un’inversione di tendenza, un
cambio di rotta. Bisogna, infatti, passare dalla logica della spesa a quella
dell’investimento. Obama ha nominato gli investimenti per la scuola molte volte nel
suo discorso dopo la vittoria elettorale, e non c’è Paese al mondo che affronti
questa crisi tagliando i fondi
per il sapere.
Si tratta, insomma, di operare una sostanziale innovazione nel paradigma con il quale l’Italia guarda alla sua scuola e discutere del come reperire le risorse necessarie. Significa anche restituire a docenti e alunni la possibilità di guardare al domani della propria comunità con fiducia e speranza, non doversi trincerare nella difesa e nel mantenimento di quel che c’è e progettare il futuro attraverso nuove e più avanzate proposte. Ecco perché questa campagna elettorale deve parlare da subito di scuola.
Si tratta, insomma, di operare una sostanziale innovazione nel paradigma con il quale l’Italia guarda alla sua scuola e discutere del come reperire le risorse necessarie. Significa anche restituire a docenti e alunni la possibilità di guardare al domani della propria comunità con fiducia e speranza, non doversi trincerare nella difesa e nel mantenimento di quel che c’è e progettare il futuro attraverso nuove e più avanzate proposte. Ecco perché questa campagna elettorale deve parlare da subito di scuola.