Una scoperta italiana riapre il dibattito sulle basi della
comunicazione
Come
fa un neonato a riconoscere dai gesti i comportamenti di chi gli sta attorno, a
capire che le braccia tese della madre sono un invito a ripetere lo stesso
gesto per essere sollevato? Come funziona il meccanismo che ci fa intuire il
significato delle azioni altrui, che regola il legame fra chi osserva e chi
agisce? Un meccanismo così importante che, quando si guasta, può causare gravi
malattie del comportamento, come l'autismo. E che potrebbe essere addirittura all'origine del sistema che
permette all'uomo di comunicare i propri pensieri con il linguaggio.
La
scoperta dei "neuroni specchio", comunicata nel 1996 da un gruppo di
neurofisiologi italiani - diretto da Giacomo Rizzolatti - che opera
all'Istituto di
Giacomo Rizzolatti - Istituto Fisiologia, Università di Parma |
fisiologia umana dell'Università di Parma, è alla base della
prima teoria che spiega in modo assai convincente come è fatto e come funziona
questo meccanismo. Arrivata come una bomba nel mondo delle scienze cognitive,
questa scoperta ha suscitato un vasto dibattito, che tocca ambiti
apparentemente distanti, come la teoria del linguaggio,
l'intelligenza artificiale e, in definitiva, lo studio scientifico della
coscienza. Fino a costituire, all'ultima conferenza dedicata agli studi
sulla coscienza - svoltasi a Tucson, in Arizona, nell'estate 1998 - 1'argomento
al centro di tutti i dibattiti, "una delle scoperte più entusiasmanti nel
campo delle scienze cognitive", come l'ha definita Michael Gazzaniga, guru delle neuroscienze
cognitive.
Che
cosa sono i neuroni specchio e come sono collegati alla coscienza? Lo abbiamo
chiesto a Giacomo Rizzolatti e ai suoi colleghi Vittorio Gallese, Luciano
Fadiga e
Aree cerebrali interessate dai neuroni specchio |
Leonardo Fogassi, un'équipe che lavora in una tale sintonia che non e
possibile attribuire le risposte ai singoli componenti.
"Prima
di rispondere vorremmo fare il punto sullo stato delle conoscenze relative alla
corteccia premotoria della scimmia [all'Istituto di Parma gli esperimenti sono
stati condotti su esemplari di Macaca nemestrina, N.d.A.] un tempo chiamata area 6
e oggi invece suddivisa in aree più ristrette, tra le quali è particolarmente
interessante ai fini della nostra
ricerca l'area F5. La corteccia premotoria è una porzione della neocorteccia
cerebrale specializzata nell'organizzazione dei movimenti: proprio in virtù di
questa funzione, queste aree non hanno unicamente il compito d'inviare
l'informazione attraverso 1'area motoria primaria al midollo spinale e quindi
alla sede da cui parte il comando per l'esecuzione del movimento, ma sono anche
in grado di integrare informazioni di tipo sensoriale come quelle visive.
L'Istituto
di fisiologia umana di Parma è all'avanguardia nello studio dell'organizzazione
della corteccia premotoria, ed è stato uno dei primi a evidenziare la
possibilità di suddividere l'area 6 in varie regioni. Nell'ambito di questi
studi, abbiamo scoperto l'esistenza di neuroni la cui attività è correlata con
l'organizzazione di quei movimenti della mano e della bocca che consentono di
afferrare un oggetto. Una caratteristica di questi neuroni è quella di essere
attivati non solo immediatamente prima e durante l'esecuzione del movimento, ma
anche quando il soggetto, nel nostro caso scimmie macaco, guarda gli oggetti.
Abbiamo chiamato questi neuroni, situati nell'area F5, neuroni canonici. »
Potremmo dire allora che i neuroni canonici
rappresentano in un certo senso il ponte tra l'in formazione visiva e l'atto
di movimento: non solo sono in grado di dare il comando all'arto, ma anche
immaginano di farlo?
Attività ed aree cerebrali interessate dai neuroni specchio |
“Più precisamente, questi neuroni
"codificano un piano motorio potenziale", che poi può essere eseguito
o no. Saranno altre strutture del cervello a determinare se l'azione verrà
eseguita. Recenti studi, eseguiti con la tomografia a emissione di positroni (PET), hanno
dimostrato che anche nell'uomo avviene un fenomeno simile: mostrando a un
individuo oggetti di uso comune che possono essere afferrati con due dita o
con tutta la mano, si attivano le relative aree motorie, anche in assenza di
movimento degli arti. »
Qui,
come in ogni scoperta importante, interviene il caso. Un giorno in cui i
ricercatori erano impegnati nella mappatura dei neuroni canonici relativi ai
movimenti tra la mano e la bocca, uno di loro interruppe l'esperimento per
addentare un panino. Dal registratore applicato all'animale che gli stava di
fronte partì una serie di segnali inequivocabili: un gruppo di neuroni
nell'area in esame stava scaricando. La scimmia non stava compiendo un
movimento, né si preparava a farlo, eppure alcuni neuroni dell'area F5 del suo
cervello erano attivi. Fu questa prima osservazione a dare origine a un nuovo
programma di ricerca che apre nuove prospettive nello studio della genesi del
linguaggio, di alcune malattie del comportamento, e in generale dei rapporti
tra mente e corpo.
Effetti imitativi dei neuroni specchio |
“I
neuroni specchio - spiega uno dei ricercatori - sono praticamente identici ai
neuroni canonici: anch'essi si attivano quando l'animale muove la mano per
prendere un oggetto, anch'essi non inviano semplicemente comandi per far contrarre
i muscoli, ma piuttosto per uno "scopo" che richiede l’impiego
coordinato di parecchi muscoli. Praticamente identici dal punto di vista
motorio, questi neuroni si differenziano dai neuroni canonici in quanto non è
la visione di un oggetto da afferrare ad attivarli, ma l'osservare un altro
soggetto che compie un'azione. Non sono neuroni che "pianificano"
un'azione, ma neuroni che "rispecchiano" un movimento: perciò li
abbiamo chiamati neuroni specchio o, come ormai li chiamano tutti all'estero, mirror neurons. Questo
porta a una nuova interpretazione del sistema motorio, non più visto come
l'ultimo anello della catena che dalla volontà o dall'immaginazione porta
all'esecuzione, ma come un sistema utilizzato anche per
Aree cerebrali interessate dai neuroni specchio |
capire quello che viene
eseguito da altri. E’ il sistema che il nostro cervello utilizza per
interpretare la realtà, per esempio per distinguere un oggetto inanimato da un
soggetto pensante. Esso permette all‘individuo di essere l'attore del proprio
comportamento motorio, ed è fondamentale per assegnare questa capacità anche
agli altri viventi. »
Si potrebbe perciò dire che i neuroni specchio
sono, in definitiva, all'origine di una nuova interpretazione del rapporto
tra coscienza di sé e ambiente?
«La
nostra scoperta forse non dice molto sulla "coscienza", che è un
termine passe-partout, ma
dice molto sull'empatia: propone cioè un meccanismo neurologico per spiegare
come possiamo capire che cosa fanno gli altri. Perciò ha interessato gli psicoanalisti e i sociologi,
in quanto molti dei nostri comportamenti sarebbero dovuti a questo sistema
empatico quasi naturale.»
Effetti imitativi dei neuroni specchio |
Secondo gli esperti, il bravo venditore, davanti a
un cliente «difficile», tende a ripetere i gesti del suo interlocutore per metterlo
a suo agio e condividere le sue sensazioni. Poi, a poco a poco, modifica il
linguaggio del suo corpo, così da creare una specie di empatia con il cliente.
Questo comportamento rappresenta una traccia dello sviluppo evolutivo
all'origine dei neuroni specchio? Finora si è parlato di esperimenti su
animali; ma è possibile estrapolare tali risultati all'uomo e, se lo è, come si
lega la vostra scoperta alla genesi del linguaggio?
“Dopo
i primi risultati ci siamo chiesti se nell'uomo esista un sistema analogo. Con
esperimenti di stimolazione magnetica transcraniale, non invasivi né dolorosi,
abbiamo dimostrato che in effetti è così. Poi abbiamo ripetuto gli esperimenti
al "San Raffaele" di Milano, dove c'è un gruppo che lavora con la
PET. E qui è venuta la seconda novità: abbiamo trovato
una regione specchio attiva nell'area di Broca, deputata all'elaborazione del
linguaggio. Ciò significa, secondo noi, che questo sistema potrebbe
essere il precursore del linguaggio: il meccanismo dei neuroni specchio potrebbe
cioè costituire il prerequisito neurale per lo sviluppo della comunicazione
interindividuale e infine del linguaggio. La nostra ipotesi è che la specializzazione linguistica
dell'area di Broca sarebbe derivata da un meccanismo più antico
collegato alla generazione e alla comprensione degli atti motori. Partendo da
questo meccanismo, i processi evolutivi connessi allo sviluppo della vita
sociale tipica dei primati potrebbero aver favorito la capacità di eseguire e interpretare i gesti
della bocca e delle mani usati per comunicare.
Questo
nuovo filone di ricerca interessa perciò anche i linguisti,
gli studiosi dell'apprendimento e chi si occupa dei disturbi del
comportamento. La scoperta dei neuroni specchio e dell’esistenza di un
sistema analogo nell'uomo rende lecita l'ipotesi che queste rappresentazioni
motorie vengano utilizzate anche per creare rapporti empatici con gli altri. È
facile ipotizzare che disturbi come la schizofrenia o l'autismo
possano essere legati a un deficit al momento dell'organizzazione o del
funzionamento di queste rappresentazioni motorie.” A questo punto sembra chiaro che la vostra posizione è all’estremo
opposto della separazione mente-corpo. La coscienza di sé e l'empatia
dipendono non solo dal cervello, ma dall'organismo nel suo totale. Un cervello
che non fosse in grado, o non avesse arti da far muovere, non avrebbe neppure
la capacità di rapportarsi con gli altri.
Aree cerebrali interessate dai neuroni specchio 2 |
«Certo.
La nostra posizione mette sempre più in discussione la concezione del cervello
come "macchina di
Turing", elaboratore di simboli. Noi, così come altri ricercatori,
siamo sempre più portati a considerare il cervello un organo
biologico inserito in un organismo biologico, per il quale è
importantissima l'interazione con l'ambiente. Siamo sulla sponda opposta a
quella, per esempio, su cui si colloca Francis Crick con la sua “Astonishing Hypothesis” (La scienza e l'anima, Rizzoli, 1994).
Anche se proprio Crick ha mostrato recentemente molto interesse per le nostre
ricerche. Anche la nostra, in effetti, è per lui un'ipotesi sorprendente.»
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