I risultati della ricerca su «Nature Neuroscience». Le regole del
linguaggio sono istintive e «occupano» una precisa area
L’articolo
pubblicato sull’autorevole Nature
Neuroscience da un’equipe italo-tedesca di neurologi e linguisti dell’Università Vita e Salute del San Raffaele di Milano,
dell’Università di Amburgo e dell’Università Schiller di Jena, inserisce il decisivo ultimo tassello in un rompicapo
che ci riguarda tutti, in quanto esseri umani dotati di linguaggio. Ben
sappiamo, ormai, che le lingue differiscono tra di loro per le parole e per la
forma esterna, ma che condividono in profondità una struttura comune, la famosa
«grammatica universale»,
messa in luce dal linguista americano Noam Chomsky
quasi esattamente mezzo secolo fa.
Capacità del cervello di leggere, collocare e comprendere anche un linguaggio errato usando l'Area di Wernicke e Broca |
La grammatica universale -
L’esistenza di questa grammatica universale fa sì che le lingue e i dialetti
oggi ancora esistenti, quelli purtroppo scomparsi, e perfino quelli che
potrebbero in astratto esistere, ma di fatto non esistono (le cosiddette lingue
umane naturali «possibili») abbiano tutti in comune alcune
strutture interne e alcune operazioni
sintattiche basilari. Queste strutture e operazioni sono, prese tutte
insieme, diverse da altre che la mente umana è anche capace di apprendere a
riconoscere e manipolare, pezzo per pezzo, magari divertendosi, ma con fatica.
Un’autentica
regola grammaticale, quindi, per quanto complessa, è, per noi esseri umani, del
tutto naturale, mentre una
regola astratta, superficialmente simile, è per noi
innaturale. La prima attiva risorse di calcolo mentale del tutto diverse dalla
seconda.
Gli studi di Neil Smith -
Dati inoppugnabili su questa diversità, al livello mentale, erano stati raccolti
in Inghilterra dal linguista Neil Smith una
quindicina di anni or sono. Smith e collaboratori insegnarono a soggetti
normali e a rarissimi pazienti con capacità linguistiche intatte, ma con
intelligenza generale gravemente compromessa, sia
lingue vere a loro ignote, sia lingue
artificiali, rette da regole non naturali. La
diversità dei risultati emerse netta: le regole autentiche delle lingue vere
vennero apprese abbastanza rapidamente da tutti, mentre l’apprendimento delle regole innaturali
venne vissuto come un gioco di enigmistica dai soggetti normali, e risultò del
tutto impossibile per quei pazienti.
In
questi ultimi anni, era insorto il sospetto che fossero distinte regioni del
cervello ad elaborare queste distinte classi di operazioni mentali. Il
passaggio dalla mente al cervello diventa oggi sempre più diretto, grazie a
raffinate e non invadenti tecniche di imaging , come ad esempio la Risonanza Magnetica Funzionale.
Si
è potuto, quindi, verificare che questo sospetto corrisponde alla realtà.
Il progetto sperimentale - La scoperta è
stata fatta sulla base di un progetto sperimentale ideato da Andrea Moro, professore di linguistica generale presso
la facoltà di Psicologia dell’Università San Raffaele di Milano, ed è stato
eseguito sulla risonanza magnetica dell’Ospedale Universitario di Amburgo dalla
dottoressa Mariacristina Musso.
Regole possibili e regole impossibili - Il metodo di verifica, assai raffinato, ma
riassumibile in termini semplici, è consistito nell’insegnare (letteralmente) a
dei soggetti tedeschi, privi di qualsiasi familiarità con l’italiano e con il
giapponese, delle regole della grammatica.
Tra le regole
autentiche venivano ad arte inserite anche delle regole linguisticamente impossibili, ma assai semplici. Le
frasi si susseguivano sullo schermo di un computer, mentre i soggetti giacevano
«incassati» entro l’apparecchiatura di risonanza magnetica e giudicavano, via
via, se la regola veniva rispettata o meno. Ad esempio, i soggetti imparavano,
tra le regole possibili, che, a differenza del tedesco, per fare una frase in
italiano non è necessario esprimere il soggetto, come in «leggo molti bei libri»;
invece, come regola impossibile imparavano che la negazione andava messa sempre
esattamente dopo la terza parola. Per esempio, per negare la frase precedente
dovevano dire: «leggo
molti bei non libri». Tale regola è
«impossibile» perché in nessuna lingua del mondo la negazione occupa un posto
fisso nella sequenza delle parole. Procedure analoghe sono state
applicate al giapponese, lingua ancora più dissimile dal tedesco di quanto non
sia l’italiano.
I risultati - Il risultato è stato che solo quando i soggetti apprendevano le regole possibili si attivava un’area del cervello tipica del linguaggio (la cosiddetta area di Broca, che ha un equivalente anche nei primati ma non è così evoluta come nell’uomo). Quando il cervello deve apprendere regole impossibili, invece, questa area sembra addirittura disattivarsi!
Andrea
Moro precisa: «Uno scopo centrale delle
moderne ricerche in linguistica è quello di ben caratterizzare la classe delle
lingue umane possibili, assai più di quello di descrivere le lingue esistenti.
Dopo cinquant’anni di ricerche, questa scoperta conferma che non si tratta solo
di un’utile classificazione di comodo. La classe delle lingue umanamente
possibili corrisponde, infatti, ad un’elaborazione effettuata da aree
specifiche del cervello. L’ipotesi
che l’acquisizione del linguaggio nel bambino avviene sotto una guida
biologicamente determinata viene così corroborata». L’austera rivista
scientifica ha intitolato l’articolo di Moro e collaboratori (traduco in
italiano usando regole del tutto naturali):
«L’area di Broca e l’istinto del linguaggio». È facile prevedere che oggi spunterà un sorriso sul volto di Chomsky e su quello di Steven Pinker, autore del bestseller internazionale intitolato, appunto, L’istinto del linguaggio.
Molto bello questo blog. Non tratti la didattica con i paraocchi. Spazi dagli studi sul cervello alla didattica tradizionale, dalle cose quotidiane ai grandi temi delle neuroscienze. Citi a menadito Sperry, Damasio, Gazzanica, Oliverio che non tutti associano alla didattica tradizionale. Mi piace. Insegno in un I.C. del Piemonte e come ho digitato Istituto Comprensivo, dopo il Cerini che è il deus ex machina ho trovato te. Preciso documentato, efficiente e pragmatico. Se mi dai una mano vorrei anche io scrivere qualcosa, ma sono pigra come una marmotta. Belle anche le tue foto personali (sic!). Vorrei aderire al tuo blog, grazie. Così ora che inizio l’anno scolastico farò la sostenuta con le colleghe. Ciao! Lucianadalmasso62
RispondiEliminaMi presento sono Lella Costantini, insegnante elementare in pensione. Mia figlia si sta preparando al prossimo concorso e sfogliando ho notato il tuo blog. (come li chiamate adesso, permetti che ti do del tu, vedo che sei canuto, anche se tra gli uomini fa effetto avere le chiome brizzolate) ho notato l’articolo “L’apprendimento personalizzato” succinto e compendioso. Io ho vissuto con successo l’epoca del Metoco Montessori dei suoi successi e dei suoi limiti. Mi fa piacere che tratti queste cose con un metodo “easy” cioè colori, lettere ben visibili, sottolineature ed evidenziatori. Mi fai tornare battagliera come nelle contestazioni degli anni ’60! Scusa il mio formalismo ma ti seguirò spesso. Lella Costantini.
RispondiEliminaPs. il tutto lo ha fatto mia figlia io col pc non vado molto d’accordo.
Sono un amica di Lella Costantini, in pensione. Anche mia figlia si sta preparando al prossimo concorso e mi ha parlato del tuo blog. Mi ha fatto notare l’articolo “L’apprendimento personalizzato”. Sono stata per anni la Direttrice Didattica di Lella e ho vissuto l’epoca del Metodo Montessori dei suoi successi. Mi fa piacere che tratti queste cose. Ma vorrei far capire ai giovani quanto si è perso e si perde delle battaglie che abbiamo fatto sul percorso del Metodo Montessori. Perche non ne parli? Te ne sarei grata, farebbe bene a tutti.
RispondiEliminaPs. Lo scritto è di Laura mia figlia ma a me piace il pc più della tv. Un abbraccio. La evergreen Dott. Sa Alice Bongiovanni.