La psicologia cognitiva è una branca della psicologia che ha come obiettivo lo studio dei processi mediante
i quali le informazioni vengono acquisite dal sistema cognitivo, elaborate, archiviate e recuperate.
Descrizione
Essa studia il funzionamento della mente come elemento intermedio tra il comportamento e l'attività cerebrale prettamente neurofisiologica. Il funzionamento della mente è assimilato (metaforicamente) a quello di un software che elabora informazioni (input) provenienti dall'esterno, restituendo a sua volta
informazioni (output) sotto forma di rappresentazione della conoscenza,
organizzata in reti semantiche e cognitive.
La percezione, l'apprendimento, il ragionamento, la risoluzione dei problemi, la memoria, l'attenzione, il linguaggio e le emozioni sono processi mentali studiati dalla psicologia
cognitiva.
Il costruttivismo è stato spesso considerato come una corrente del
cognitivismo, pur mantenendo una sua autonomia; alcuni dei suoi assunti epistemologici di base sembrano però significativamente differenti
da quelli tradizionali del cognitivismo (George Kelly, fondatore della psicologia dei costrutti personali,
amava ripetere: "sfatiamo il mito che il costruttivismo sia collegato al
cognitivismo").
George Kelly |
Cenni storici
La psicologia cognitiva nasce verso
la fine degli anni cinquanta in parziale contrapposizione al comportamentismo. Quest'ultimo aveva gettato le basi per una
psicologia fondata empiricamente. Il cognitivismo accetta il rigore
metodologico del comportamentismo. Entrambe le discipline, infatti, si basano
su una scientificità di tipo naturalistico, nel comune intento di assimilare lo
studio della mente umana alle scienze naturali. La seconda metà degli anni cinquanta vide non solo il fiorire di nuove impostazioni
teoriche e procedure sperimentali, ma anche la diffusione di una prospettiva
differente da quella comportamentista dominante negli Stati Uniti: la
prospettiva della psicologia
Claude E. Shannon |
cognitiva o del cognitivismo.
Vi confluirono i contributi di discipline diverse: oltre alla psicologia sperimentale di impronta
neo - comportamentista, la linguistica, la teoria dell'informazione e la cibernetica, le neuroscienze e la filosofia della mente. Si considera abitualmente come "data di
nascita" del movimento cognitivista il Convegno di Boulder (Colorado) del 1955, anche se alcuni fanno retrocedere questa
data al lavoro di Claude Shannon sulla teoria dell'informazione del 1948.
Oltre all'impostazione
interdisciplinare, la psicologia cognitiva aveva altri suoi aspetti
Claude E. Shannon 2 |
caratteristici. In primo luogo, si interessava dei processi
cognitivi (la percezione,
l'attenzione, la memoria, il linguaggio, il pensiero, la creatività),
che erano stati trascurati dai comportamentisti o considerati come dei prodotti dell'apprendimento. A questi processi veniva riconosciuta sia
un'autonomia strutturale sia una interrelazione e interdipendenza reciproche.
Un'altra importante caratteristica della psicologia
cognitiva è che la mente è concepita come un elaboratore di informazione,
avente un'organizzazione prefissata di tipo sequenziale e una capacità limitata
di elaborazione lungo i propri canali di trasmissione. L'analogia tra mente e
calcolatore era basata sulle nozioni di informazione, canale, sequenza di
trasmissione ed elaborazione
Claude E. Shannon 3 |
dell'informazione, strutture di entrata (input) e
uscita (output) dell'informazione dell'elaboratore, strutture di memoria. Per
spiegare tale organizzazione strutturale e funzionale si diffuse l'uso di diagrammi di flusso,
formati da unità (scatole) e aventi ciascuna compiti definiti (percezione,
attenzione, ecc.) e da vie di comunicazione.
Modelli cognitivi
Modello TOTE: Test-Operate-Test-Exit (verificare, eseguire,
verificare, terminare), esposto nel testo Piani e struttura del
comportamento di Miller, Pribram, Galanter.
Nei primi modelli cognitivistici,
l'elaborazione dell'informazione era concepita come un processo che avviene per
stadi consecutivi, terminate le operazioni proprie di uno stadio si passa al
successivo, e così via. Negli anni '70 furono presentati nuovi modelli che
mettevano in evidenza sia la possibilità
di retroazione di uno stadio di elaborazione su quelli precedenti,
sia la possibilità che si attivassero le operazioni di uno stadio successivo
senza che quelli precedenti avessero già elaborato l'informazione per quanto li
riguardava.
Un altro aspetto importante fu
l'accentuazione del carattere finalizzato dei processi mentali. Il
comportamento veniva ora concepito come una serie di atti guidati dai processi
cognitivi ai fini della soluzione di un problema, con continui aggiustamenti
per garantire la migliore soluzione. La nozione di “retroazione”, feedback, sviluppata dalla cibernetica divenne centrale in questa concezione del
comportamento orientato verso una meta. Lo psicologo sperimentale del
linguaggio George Armitage Miller, con le sue opere
George A. Miller |
determinò un'autentica svolta nella
rappresentazione del comportamento: il comportamento era visto come il prodotto
di una elaborazione dell'informazione, quale è compiuta da un calcolatore, per
lo svolgimento di un piano utile alla soluzione del problema. Il comportamento
non era quindi l'epifenomeno di un arco riflesso (input sensoriale,
elaborazione, output motorio), ma il risultato di un processo di continua
verifica retroattiva del piano di comportamento secondo l'unità TOTE ( test,
operate, test, exit): l'atto finale (exit) non consegue direttamente ad un
input sensoriale o a un comando motorio, ma è il risultato di precedenti
operazioni di verifica (test) delle condizioni ambientali, di
George A. Miller 2 |
esecuzione
(operate) intermedie e di nuove verifiche (test). Nel 1967 uscì il libro dello
psicologo statunitense Ulric Neisser, “psicologia
cognitiva”, nel quale venivano sintetizzate le ricerche condotte nei
dieci anni precedenti secondo la prospettiva che fu definitivamente chiamata
cognitivistica. La letteratura sperimentale sui processi cognitivi crebbe a
dismisura sostituendo le prospettive passate con la nuova prospettiva che si
diffuse anche in campo della psicologia sociale e della psicopatologia. È comprensibile quindi che nei primi anni '70 si
parlasse ormai di rivoluzione
cognitivistica nella ricerca psicologica.
Ulric Neisser |
La revisione degli
anni '70
A partire dalla seconda metà degli
anni '70 ebbe inizio un'opera di revisione teorica e metodologica all'interno
del cognitivismo, che arrivò fino ad una parziale autocritica su quanto era
stato acquisito nel decennio precedente. Fu ancora Neisser a riassumere in un testo del 1976 gli aspetti problematici essenziali emersi nella letteratura psicologica
cognitivistica. Neisser affermava che il cognitivismo aveva apportato
nuovi e importanti contributi alla comprensione dei processi cognitivi, ma allo stesso tempo era degenerato in una miriade di esperimenti e di mode,
spesso privi di effettivo valore euristico. Si trattava di modelli
Ulric Neisser e Himan |
generalmente
relativi a situazioni di laboratorio e non estrapolabili a situazioni di
concreto funzionamento della mente nella vita quotidiana ("wild
cognition"); inoltre, avevano un interesse più teorico che realmente
applicativo.
Neisser faceva un continuo
riferimento all'impostazione teorica di James Jerome Gibson (approccio ecologico), che aveva una
concezione cognitivistica di una costruzione della realtà esterna da parte della mente, secondo
un'organizzazione sequenziale dell'elaborazione
James Gibson |
dell'informazione, stadio per
stadio, ora invece criticata in base all'assunto che l'organismo nel corso
dell'evoluzione si è dotato di sistemi sempre più economici e adeguati che
consentono un'analisi diretta e immediata della realtà. Il richiamo alla
validità ecologica degli esperimenti cognitivistici; la critica alla
modellistica dei microprocessi e micromodelli all'infinito (le unità di
elaborazione contenevano delle sotto-unità di elaborazione, e queste a loro
volta delle altre, e così via: si trattava dei temi classicamente analizzati
negli studi di HIP - Human Information Processing); l'esigenza di introdurre nel flusso
dell'elaborazione dell'informazione processi relativamente trascurati, come la coscienza e la produzione di
immagini; le innovazioni nel campo dell'informatica e della simulazione su
calcolatore dei processi mentali; le nuove acquisizioni nel campo delle
neuroscienze; tutti questi furono elementi fondamentali che attenuarono
l'interesse per il cognitivismo "classico", o primo cognitivismo, già
a partire da metà degli anni '80.
Il nuovo orientamento
Non vedendo realizzata
effettivamente una vera e propria rivoluzione paradigmatica, nei primi anni '80 molti psicologi finirono con lo
sminuire la rilevanza teorica e metodologica del cognitivismo, arrivando fino a ritenerlo una
continuazione, anche se in forma più sofisticata, del comportamentismo.
Si diceva che aveva solo aggiunto dei processi intermedi tra lo stimolo e la
risposta, ma il paradigma rimaneva sempre quello comportamentista. In questo
contesto di riflessioni autocritiche da una parte, e di nuove acquisizioni in
discipline di confine dall'altra, si sviluppò il nuovo orientamento della
“Scienza Cognitiva”.
Il cognitivismo oggi
La psicologia cognitiva è oggi una
scienza fortemente multidisciplinare, che si avvale dei metodi, degli apparati
teorici e dei dati empirici di numerose altre discipline, tra le quali: la psicologia, la linguistica, le neuroscienze, le scienze sociali e della comunicazione, la biologia, l'intelligenza artificiale e l'informatica, la matematica, la filosofia e la fisica.
Albert Bandura |
Dal punto di vista filosofico, la psicologia cognitiva assume la posizione ontologica del realismo critico, secondo la quale viene accettata l'esistenza di una
realtà esterna strutturata, ma allo stesso tempo viene rifiutata la possibilità
di conoscerla completamente. Questa premessa teorica lo distingue nettamente
dal movimento comportamentista: l'oggetto di studio non è più (soltanto) il comportamento umano,
bensì gli stati o processi mentali, precedentemente considerati interni ad una black box (o scatola nera)
insondabile e non conoscibile scientificamente.
Tale presa di posizione nei
confronti dello studio dell'attività mentale si traduce concretamente
nell'affermarsi della concezione di comportamento umano come risultato di un processo cognitivo di elaborazione delle informazioni articolato e
variamente strutturato (information
processing).
Albert Bandura 2 |
Gli esiti più recenti dell'analisi
dei processi cognitivi, incentrano queste dinamiche nei contesti sociali in cui
si sviluppa il pensiero. Questo approccio basato sul cognitivismo, definito
come teoria sociale cognitiva, studia infatti l'interazione tra cognizione e
contesto sociale. La teoria sociale cognitiva riveste un ruolo molto importante
sul versante di studio della personalità. Una elevata importanza in questo nucleo teorico è
attribuita alle riflessioni di Albert Bandura. Dai concetti elaborati da Bandura, hanno preso il
via
Vittorio Guidano |
numerosi altri ricercatori, costituendo una corrente di pensiero che prende
le mosse dal cognitivismo, costruendo
un'analisi dei processi cognitivo-emotivi, incentrata sui contesti
sociali che vedono tali processi esprimersi attraverso le condotte.
Un altro punto di riferimento nel
panorama del cognitivismo contemporaneo è, nel campo della psicologia e della psicoterapia, il cognitivismo
post-razionalista di Vittorio Guidano. Egli, rielaborando i contributi teorici e
sperimentali offerti da numerose altre discipline, apporta importanti
contributi allo studio
dell’evoluzione della mente umana, con risvolti innovativi nei campi
dell’epistemologia, della psicologia sperimentale e della psicopatologia.
Vittorio Guidano 2 |
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