La scuola (pubblica) sta chiudendo
Signore
e signori di tutta Italia, genitrici e genitori, attenzione! Questi potrebbero
essere gli ultimi mesi, gli ultimi giorni della scuola pubblica, libera e
democratica.
È
arrivato il momento di esporsi, perché oggi il silenzio è connivenza con
ministri e governi che minano alla base lo Stato sociale e l'apparato culturale
del Paese per creare un
esercito di marionette senza cervello, senza pensiero critico, senza
capacità di scelta. Per scegliere consapevolmente, però, bisogna essere
informati; è questo che cerchiamo di fare, informarVi, visto che TV e giornali
ormai si occupano d'altro, troppo impegnati ad elogiare il Governo o a fare da
portavoce di questo o quel partito.
La
scuola pubblica negli ultimi anni è stata costantemente e colpevolmente
impoverita. I 143.000 posti di lavoro tagliati dal duo Tremonti-Gelmini,
confermati dal ministro Profumo, hanno devastato la scuola italiana, impedendo
l'assunzione di tutti i precari (come previsto dalla legge 27 dicembre 2006
(finanziaria 2007) e imponendo la formazione di classi di 30, 35 o
anche 40 alunni. Un genitore attento comprende, senza bisogno di ulteriori
spiegazioni, la difficoltà degli insegnanti di fare lezione e di prestare la
dovuta attenzione a ciascun allievo, in una situazione così difficile.
La continuità didattica è gravemente
messa a rischio
dalla presenza massiccia e costante del precariato che rappresenta una perpetua
reiterazione dell'illegalità di Stato: i precari, vincitori di concorso Siss e
plurititolati, sono sfruttati e poi licenziati alla fine di ogni anno
scolastico (perlopiù a fine Giugno), per poi essere nuovamente assunti nei
primi mesi dell'anno successivo in un'altra istituzione scolastica,
interrompendo in questo modo il progetto educativo intrapreso.
La
spending
review (legge 14 agosto 2012 n. 135) del
Governo Monti (Art.l4 comma 17) prevede che gli insegnanti risultati in esubero
dopo la riforma Gelmini siano assegnati per la copertura delle supplenze, anche
quando il docente non sia
in possesso della relativa abilitazione, inaugurando, quindi, una scuola
in cui tutti possono insegnare tutto, una scuola che disprezza il merito, l'esperienza,
le competenze e i titoli acquisiti in anni di studio e di lavoro.
È
un paese strano, I'Italia, un paese in cui si parla continuamente di
meritocrazia ma si tagliano fondi all'istruzione senza ritegno e senza
opposizione alcuna (né all'interno del Parlamento né tantomeno nella società
civile); un paese in cui i Ministri dell'Istruzione, e non solo loro, hanno
dichiarato guerra alla scuola pubblica, mentre quella privata è profumatamente
sovvenzionata, al contrario di quanto impone l'Art.33 della Costituzione
italiana "Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti
di educazione, senza oneri per lo Stato".
L'attacco
decisivo, tuttavia, viene sferzato dal ministro Profumo, e da tutti i partiti
che appoggiano questo Governo, con la proposta e l'imminente approvazione della
legge 953, anche detta ex Aprea (Valentina Aprea è stata sottosegretario del
Ministero dell'Istruzione nell'ultimo governo Berlusconi) che prevede, in
sostanza, la quasi totale privatizzazione della scuola pubblica. Scarseggiando
sempre più i finanziamenti dello Stato, gli Istituti scolastici riceveranno in
alternativa contributi
economici da parte di soggetti esterni, pubblici e privati (le aziende),
associazioni di genitori e fondazioni. Le conseguenze sono palesi e gravissime.
È chiaro che il soggetto, sia esso un'azienda o un gruppo di genitori benestanti, che "dona" denaro
alla scuola, vorrà in cambio prendere parte alle decisioni relative al curricolo, all'organizzazione
scolastica, all'acquisto di materiale didattico, persino all'assunzione del
personale. In questo modo viene meno il fine educativo dell'istituzione
scuola, viene violata la libertà di insegnamento, principio sacro che
garantisce I'esistenza di una scuola democratica, che sia di tutti e per tutti;
una scuola per mezzo della quale la Repubblica italiana, secondo quanto
prescritto dall'Art.3 della
Costituzione, possa "rimuovere gli ostacoli di ordine economico e
sociale che, limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini,
impediscono il pieno sviluppo della persona umana ..."
Ancor più grave, se
si può, è un'altra conseguenza inevitabile: le scuole italiane, non avendo
fondi statali, non saranno tutte uguali; ci saranno le scuole ricche (poche!) e
quelle povere, le scuole dei ricchi e quelle dei poveri: le prime super accessoriate,
con laboratori, palestre, insegnanti di ruolo che possano garantire la
continuità didattica (ma scelti da chi? Secondo quali criteri?); le altre prive
anche del necessario, ubicate in strutture fatiscenti, nelle quali le classi pollaio saranno la norma.
Questo è immorale, indegno di un paese che voglia ancora definirsi civile. Una
scuola pubblica che sia veramente tale deve dare a tutti gli allievi gli
strumenti culturali necessari per affrontare la vita e le medesime possibilità
di successo, facendo eventualmente le dovute differenze di merito, non certo di
censo o di estrazione sociale. Ancora, la ex Aprea concede ai Dirigenti
scolastici un potere eccessivo che mette a rischio l'organizzazione collegiale
dell'attività didattica.
I presidi, che talvolta già oggi abusano della loro
autorità, potrebbero diventare veri e propri "capi", comportarsi da
despota, imponendo ai docenti di "seguire le direttive" e badare a
non "creare problemi". Il Consiglio
dell'autonomia, previsto dalla legge 953, adotta il Piano dell'offerta formativa (POF) e designa i
componenti del nucleo di autovalutazione necessariamente su proposta del
Dirigente al quale viene conferito anche il potere di gestire le risorse umane.
È facile prevedere su che
base verrà effettuata la scelta del personale: non più docenti
qualificati ma amici (o amiche!), parenti, adulatori e "clienti" di
ogni genere. Si aggiunga infine che le Conferenze
regionali del sistema educativo, istituite dalle Regioni, stabiliscono i
criteri per la definizione degli organici, per l'integrazione dei disabili e
per la distribuzione dell'offerta formativa. Ciò significa che l'istruzione dei futuri
cittadini italiani cadrà nelle mani, non sempre linde e immacolate, della
politica che deciderà se, quando e dove investire, cosa insegnare, quanti docenti assegnare a
ciascuna istituzione scolastica. Provate ad immaginare a quali
nefandezze potrà arrivare una cattiva politica, magari di stampo leghista.
Allora
è il momento di intervenire, tutti insieme, poiché, ricordate, il problema non
è solo dei docenti, è degli studenti, è dei genitori, è degli Italiani tutti.
Uno Stato civile, specie una democrazia, si basa sull'istruzione e sul livello
culturale dei suoi cittadini perché, si sa, un paese ignorante è un paese
povero e poco libero.
Ringraziando
per l'attenzione, porgiamo a tutti Voi distinti saluti.
Docenti in difesa della Scuola Pubblica
Elvira
Parisi, membro del comitato
ampelisca@msn.com
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