Alla
ricerca della memoria perduta
Ancora
sul famoso caso del paziente H. M.
La storia delle
neuroscienze è costellata da casi clinici divenuti paradigmatici: gli studiosi
vi fanno riferimento perché sono la testimonianza di fenomeni osservati per la
prima volta e che gettano nuova luce su sindromi sconosciute prima. È così che
H. M. è diventato un paziente famoso: i suoi disturbi di memoria erano del
tutto particolari e riguardavano
le informazioni apprese da poco, mentre i suoi ricordi di infanzia erano intatti.
H. M. aveva
sempre sofferto di crisi epilettiche. Quando aveva 27 anni i medici
decisero
che l’unico modo per intervenire sulla sua epilessia resistente ai farmaci era
attraverso un’operazione chirurgica: vennero
asportati dal suo cervello l’amigdala, l’uncus, il giro ippocampico e i due
terzi anteriori dell’ippocampo. Praticamente buona parte dei lobi
temporali mediali vennero asportati. Era un giorno del settembre 1953 e le
conoscenze che i medici possedevano in quel periodo non permettevano di predire
se un intervento chirurgico così importante avrebbe comportato conseguenze
neurologiche gravi per il paziente.
H. M. aveva un diploma di scuola superiore e aveva lavorato come tecnico in
una piccola impresa di elettricità fino a qualche
giorno prima dell’operazione chirurgica.
I suoi attacchi si manifestavano come
gravi convulsioni generalizzate, con morsicamento della lingua, incontinenza,
perdita di coscienza, tremore (tutti i sintomi caratteristici della cosiddetta epilessia “del grande male”).
L’eziologia
degli attacchi non era molto chiara: H. M. raccontava di essere stato investito da una bicicletta quando aveva 9 anni,
e che immediatamente dopo questo incidente era rimasto incosciente per 5
minuti, riportando una lacerazione della regione
sopraorbitale sinistra. Le indagini radiologiche erano risultate
negative, come pure l’esame fisico. Le indagini elettroencefalografiche non
riportavano la
presenza di foci epilettogeni. Nonostante si fosse curato per
tanti anni con terapia farmacologica, il giovane non era mai riuscito a tenere sotto controllo le
manifestazioni degli attacchi, e i suoi sintomi erano andati via via
peggiorando. Qualche giorno prima dell’intervento H. M. aveva avuto una crisi
particolarmente grave ed era stato costretto ad abbandonare il posto di lavoro.
Dopo che
l’intervento fu concluso, H. M. rimase incosciente per qualche giorno. Quando
si svegliò sembrò confuso e agitato: sembrava che avesse perso completamente la
memoria e non riusciva a
ricordare più nulla né dell’intervento né della sua vita trascorsa. Con
il passare dei giorni H. M. sembrava rimettersi: i suoi parenti lo aiutavano a
ricostruire episodi della sua infanzia e adolescenza, gli portavano oggetti che
lui riconosceva come familiari, gli rammentavano nomi, date, aneddoti del suo
passato. E così cominciò a ricordare. Ciò che
stupiva i parenti, però, (e
non solo loro ma anche i medici e gli infermieri!)
era il fatto che H. M. non li riconoscesse: negava di
essere stato con qualcuno di loro il giorno prima, sosteneva di non
averli mai veduti, negava che un infermiere o
un medico fossero entrati nella stanza cinque minuti prima. Era come se cancellasse gli episodi immediatamente dopo che erano
successi: non c’era avvenimento che si conservasse nella sua memoria e
diventasse un nuovo ricordo. I suoi problemi di memoria vennero diagnosticati
con sistematicità circa due anni dopo l’intervento, quando venne sottoposto al
suo primo esame neuropsicologico formale. Quando gli venne chiesto se sapeva
che giorno fosse, lui rispose che era un giorno di
marzo del 1953. Praticamente i suoi ricordi si fermavano al giorno dell’intervento che H. M.
negava avesse mai avuto luogo. Il suo quoziente di intelligenza non risultò
basso: mostrò di possedere brillanti capacità di
pensiero astratto e di ragionamento. Solo, pareva che insieme al suo
lobo temporale mediale i medici avessero asportato anche la sua capacità di formare nuovi ricordi.
L’incapacità di ricordare le vicende della
vita di ogni giorno, i gesti appena
compiuti, i discorsi appena ascoltati, le pagine di un libro appena lette,
indicano tutti una grave perdita della memoria
dichiarativa a breve termine. Della sua memoria H.M. aveva conservato
solo i ricordi precedenti l’intervento chirurgico. Oggi H. M. continua ad avere
gli stessi problemi di memoria, ma ha imparato col tempo a conviverci e ad
accettare la sua malattia. (Redatto prima
della morte che come abbiamo detto nel post precedente Henry Gustav Molaison e i disturbi della memoria è avvenuta ad Hartford, 2 dicembre 2008.) Alleghiamo una ulteriore
nota giornalistica il giorno delle sua morte
Morto l'uomo che non poteva ricordare
Aveva 82 anni. È considerato il più importante caso della storia
della neurologia
E'
morto nel Connecticut a 82 anni Henry Gustav Molaison. Era conosciuto dai
neurologi di tutto il mondo, ma solo con le sue iniziali. «H.M» è infatti
considerato il più importante
paziente della storia della neurologia. Henry, come ricorda il New York
Times riportando la notizia, sapeva come si chiamava, sapeva che la sua
famiglia veniva dalla zona di Los Angeles, era al corrente del crack del 1929 e della Seconda Guerra
Mondiale. Ma dal 1953 , per ben 55 anni, ha vissuto ogni giorno come
fosse «nuovo», perchè da
allora non è stato più in grado di costruire memorie recenti e di accumulare
esperienze.
L'OPERAZIONE -
L'episodio che ha cambiato per sempre la sua vita fu un intervento chirurgico
al cervello cui si sottopose per cercare di curare attacchi epilettici che
erano diventati insostenibili per frequenze e gravita Gli attacchi erano cominciati dopo una caduta in
bicicletta con conseguente trauma cranico. I medici, dopo aver tentato
tutte le terapie decisero di asportargli una piccola porzione di tessuto
nervoso ritenuta l'origine delle «scariche» . Il problema è che in quegli anni
gli specialisti non disponevano di Tac, risonanze
magnetiche o altri strumento per «guardare» dentro il cervello e
tantomeno sapevano della «distribuzione» delle varie funzioni nelle diverse aree
cerebrali. La memoria, per
esempio, era ritenuta una funzione diffusamente distribuita a tutto il
cervello. Dopo l'intervento cominciarono consulti con specialisti fatti
arrivare anche da oltre confine per studiare il caso.
Dall'età di 27 anni
«H.M». ha sostanzialmente vissuto ogni giorno come un caso clinico, e ogni
giorno gli specialisti, sottoponendolo a innumerevoli test, hanno dovuto
«ricominciare daccapo» insieme a lui.
DUE MEMORIE
- La svolta negli studi sulla memoria stimolati dal caso «H.M» avvenne nel 1962, quando fu
pubblicato uno studio che dimostrava che il paziente aveva una parte di memoria
intatta. La scoperta aprì alla comprensione dell'esistenza di due tipi
di memoria fondamentali: uno riferito a nomi, facce, avvenimenti e nuove esperienze
che devono essere archiviate
e essere recuperate a livello cosciente, e un altro tipo che viene archiviato e
utilizzato in modo inconscio. Questo secondo tipo è quello che permette, per
esempio, di guidare o di
risalire su una bicicletta dopo molto tempo e di mettersi a pedalare
immediatamente senza sapere bene come mai si è ancora capaci.
COME EINSTEIN
- Fu solo l'inizio. Da allora il caso «H.M» è stato da stimolo diretto o
indiretto a molte scoperte che hanno permesso di conoscere i meccanismi della
memoria. Henry Molaison ha vissuto la sua vita nel Connecticut, prima coi
genitori, poi coi familiari, infine in un'istituzione. «La perdita della
memoria lo ha reso indimenticabile», ha scritto il New York Times dell'uomo che aveva disimparato
a ricordare. La morte di H.M. è stata confermata da Suzanne Corkin, la
scienziata del Massachusetts Institute of Technology che per decenni aveva
lavorato al caso e adesso ha ordinato di conservarne
il cervello per studi futuri, nello stesso spirito di quello di Albert Einstein: un insostituibile esempio di storia
scientifica.
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