Funzioni divise per gli emisferi cerebrali
Nell'agosto
del 1967, proprio sulle pagine di «Scientific American», scrivevo di alcuni
nuovi rivoluzionari studi sul funzionamento del cervello. Tre pazienti, per
sfuggire a gravissime forme di epilessia resistenti a qualunque terapia, si
erano sottoposti a interventi chirurgici che prevedevano la resezione del
corpo calloso, l'autostrada neuronale che connette le due metà del cervello.
Lavorando su questi pazienti, i miei colleghi Roger W. Sperry, Joseph E. Bogen,
P. J. Vogel e io potemmo constatare che cosa avveniva quando gli emisferi
destro e sinistro non erano più in condizione di comunicare.
Fu subito
chiaro che l'informazione visiva non passava più da un lato all'altro. Se si
proiettava un'immagine alla parte destra del campo visivo, vale a dire
all'emisfero sinistro, dove viene elaborata l'informazione, i pazienti erano
in grado di descrivere ciò che vedevano. Ma quando la stessa immagine veniva
presentata al campo visivo sinistro, i pazienti dicevano di non essere in
grado di vedere alcunché. Se chiedevamo loro di indicare un oggetto simile a
quello che veniva proiettato in quel momento, lo potevano fare con facilità. Il
cervello destro vedeva l'immagine e poteva suscitare una risposta non verbale,
ma non era in grado di parlare di ciò che vedeva.
Lo stesso tipo
di scoperta si ripropose per sensazioni tattili, olfattive e uditive. Inoltre,
ogni metà del cervello poteva controllare i muscoli superiori di entrambe le
braccia, ma i muscoli che presiedono ai movimenti delle mani e delle dita
potevano essere orchestrati solo dall'emisfero controlaterale. In altre
parole, l'emisfero destro poteva controllare solo la mano sinistra, e l'emisfero
sinistro solo la mano destra.
In
definitiva, abbiamo scoperto che i due emisferi controllano aspetti assai
differenti del pensiero e dell'azione. Ogni metà ha la propria specializzazione,
e pertanto presenta limiti e vantaggi. Il cervello
sinistro è predominante per il linguaggio e il discorso. Quello destro eccelle nei compiti di tipo visivo-motorio. La
terminologia che si riferisce a queste scoperte è diventata parte integrante
della nostra cultura: molti sono gli scrittori che vantano le capacità del proprio
emisfero sinistro, mentre chi pratica le arti visuali sa di essere dotato di un
buon cervello destro.
Nei decenni
successivi, la ricerca sul cervello diviso ha continuato a chiarire molti
settori delle neuroscienze. Non solo abbiamo compreso in misura maggiore in
che modo differiscano i due emisferi, ma siamo stati anche in grado di capire
come essi riescano a comunicare anche dopo essere stati separati. Gli studi
sul cervello diviso hanno fatto luce sul linguaggio, sui
meccanismi della percezione e dell'attenzione e sull'organizzazione del cervello,
come pure sul sito potenziale dei falsi ricordi. Ma
la cosa più interessante è stato il loro contributo alla comprensione della
coscienza e dell'evoluzione.
I primi studi
sul cervello diviso sollevavano molte questioni interessanti, tra cui quelle
relative al fatto che le metà distinte potessero ancora «parlarsi», e quelle
sul ruolo che tale comunicazione poteva avere nel pensiero e nell'azione. Vi
sono numerosi ponti neuronali, le commissure, che uniscono gli emisferi. Di
queste, la più cospicua è appunto il corpo calloso,
il ponte che viene «fatto saltare» chirurgicamente per risolvere casi di
epilessia ribelli a ogni trattamento. Ma che cosa si può dire delle molte
altre commissure più piccole?
I ponti residui
Studiando il
sistema dell'attenzione, i ricercatori sono riusciti ad affrontare il problema.
L'attenzione coinvolge molte strutture a livello sia corticale sia subcorticale, vale a dire anche la parte più antica
e primitiva del nostro cervello. Negli anni ottanta, Jeffrey D. Holtzman
del Cornell University Medical College, scoprì che ogni emisfero è in grado di
dirigere attenzione spaziale non solo alla propria sfera sensoriale, ma anche,
in certa misura, alla sfera sensoriale dell'emisfero opposto non più connesso.
Ciò suggerisce che il sistema dell'attenzione sia comune a entrambi gli
emisferi - almeno per quanto attiene all'informazione spaziale - e possa
ancora operare tramite qualche connessione interemisferica residua.
Il lavoro di
Holtzman era di particolare interesse perché sollevava la possibilità che
esistessero «risorse» limite per l'attenzione. Egli ipotizzò che il lavoro su
un compito di un certo tipo richiamasse certe risorse del cervello; all'aumentare
dell'impegnatività del compito sarebbe aumentato anche il numero di risorse,
fino a dover chiamare in aiuto la subcorteccia o 1'altro emisfero. Nel 1982
Holtzman aprì ancora ulteriori prospettive scoprendo che, di fatto, più
intensamente doveva lavorare una metà di un cervello diviso, più difficile
diveniva per l'altra metà svolgere simultaneamente un altro compito.
Recenti
ricerche di Steve J. Luck dell'Università dello Iowa, Steven A. Hillyard e
colleghi dell'Università della California a San Diego e Ronald Mangun
dell'Università della California a Davis mostrano che anche un altro aspetto
dell' attenzione viene preservato nel cervello diviso. Esaminando che cosa
accade quando una persona sonda un campo visivo in cerca di uno schema o di un
oggetto, hanno riscontrato che in alcuni di questi compiti i pazienti con
cervello diviso hanno prestazioni migliori rispetto ai soggetti normali. Il
cervello intatto sembra inibire i meccanismi di ricerca che ogni emisfero
naturalmente possiede.
L'emisfero
sinistro, in particolare, è in grado di esercitare un potente controllo su
compiti di questo tipo. Alan Kingstone, dell'Università dell'Alberta, ha
scoperto che l'emisfero sinistro è «abile» in quanto a
strategie di ricerca, mentre quello destro non lo è. In test nei quali
una persona può dedurre come cercare efficacemente l'eccezione in una schiera
di oggetti simili, il sinistro fa meglio del destro. Quindi sembra che
1'emisfero sinistro, più competente, sia in grado di «sequestrare» il sistema
dell'attenzione. Per quanto questo e altri studi indicassero la permanenza di
comunicazioni tra gli emisferi separati, altri legami interemisferici
apparenti si rivelarono illusori. Un esperimento che condussi con Kingstone
quasi ci portò su una falsa strada. A un paziente mostrammo brevemente due
parole e quindi gli chiedemmo di disegnare oggetti corrispondenti. La parola
«bow» (arco) fu presentata a un emisfero, e «arrow» (freccia) all'altro. Con
nostra sorpresa, il nostro paziente disegnò un arco con una freccia! Sembrava
che avesse integrato internamente 1'informazione in un emisfero che, a sua
volta, doveva aver diretto la risposta in forma grafica.
Ci
sbagliavamo. Alla fine capimmo che, di fatto, 1'integrazione aveva avuto luogo
sulla carta e non nel cervello. Un emisfero aveva disegnato il suo oggetto
(1'arco); successivamente 1'altro emisfero aveva assunto il controllo della
mano facendole sovrapporre all'arco già disegnato l'oggetto corrispondente al
nuovo stimolo (la freccia). L'immagine sembrava solamente coordinata.
Scoprimmo questa chimera sottoponendo al paziente coppie di parole meno
strettamente associabili, come «sky» (cielo) e «scraper» (raschietto). Il
soggetto non disegnava un grattacielo (skyscraper), bensì il cielo al di
sopra di un raschietto.
I
limiti dell'estrapolazione
Oltre ad
aiutare i neuroscienziati a determinare quali sistemi siano ancora funzionanti
e quali siano compromessi in seguito alla resezione del corpo calloso gli studi
sulla comunicazione fra emisferi hanno condotto a un'importante scoperta sui
limiti degli studi condotti su soggetti non umani. L'uomo spesso si affida allo
studio degli animali per raggiungere una migliore comprensione di se stesso.
Da molti anni, i neuroscienziati esaminano cervelli di scimmie e di altri
animali per esplorare il funzionamento del cervello umano. Si riteneva comunemente
- sulla scorta di Charles Darwin - che i cervelli dei nostri parenti più
prossimi avessero organizzazione e funzioni in larga misura simili, se non
identiche, alle nostre.
La ricerca sul
cervello diviso ha dimostrato che questo assunto può essere fuorviante. Per
quanto alcune strutture e funzioni siano molto simili, le differenze abbondano.
La commissura anteriore ne è un esempio
lampante. Questa piccola struttura si trova alquanto al di sotto del corpo
calloso. Se essa viene lasciata intatta in scimmie altrimenti sottoposte a
resezione interemisferica, gli animali conservano la capacità di trasferire
informazione visiva da un emisfero all'altro. I pazienti umani, invece, a
parità di condizioni, non trasferiscono alcuna informazione visiva. Dunque
una stessa struttura può svolgere funzioni diverse in differenti specie; ciò
esemplifica i limiti delle estrapolazioni da una specie all'altra. Perfino le estrapolazioni da una persona all'altra
possono celare trappole. Una delle nostre prime sorprendenti scoperte fu
che il cervello sinistro poteva liberamente elaborare il linguaggio e parlare
della propria esperienza. Sebbene quello destro non fosse altrettanto libero,
ci accorgemmo nondimeno che era in grado di elaborare il linguaggio in certa
misura. Tra 1'altro, 1'emisfero destro poteva associare parole e immagini,
sillabare parole e costruire rime, categorizzare oggetti. Per quanto non
avessimo mai riscontrato una capacità minimamente raffinata di sintassi in
quella metà di cervello, eravamo portati a ritenere che 1'estensione della
sua conoscenza lessicale fosse sorprendente.
Col tempo si è
chiarito che i nostri tre primi casi erano inusuali. Gli emisferi destri della
maggior parte delle persone non sono in grado di gestire neppure le forme più
rudimentali di linguaggio, contrariamente a quanto osservato all'inizio. La
scoperta collima con altri dati neurologici, ottenuti da vittime di ictus
cerebrali. Un danno all'emisfero sinistro è di
gran lunga più devastante per la funzione del linguaggio di quanto non lo sia
un danno analogo all'emisfero destro. Nondimeno, da un individuo
all'altro esiste una notevole variabilità nella plasticità. Un paziente, che
chiameremo J. W., sviluppò la capacità di parlare «con 1'emisfero destro» a
distanza di 13 anni dall'intervento chirurgico. J. W. può ora parlare di
informazioni indifferentemente presentate all'emisfero sinistro o destro.
Kathleen B. Baynes, dell'Università della California a Davis, riferisce di un
altro caso singolare. Una paziente mancina parlò col cervello sinistro dopo l'intervento
di resezione, fatto di per sé non troppo sorprendente. Ma la paziente poteva scrivere
solo con l'emisfero destro quello non parlante. Questa dissociazione
conferma l'idea che la capacità di scrivere non debba essere necessariamente
associata alla capacità di rappresentazione fonologica. In altri termini, la
scrittura sembra riguardare un sistema differente, un'invenzione della specie umana.
Essa può andare per proprio conto e non fa necessariamente parte del sistema
del linguaggio parlato.
Moduli cerebrali
Nonostante
miriadi di eccezioni, la ricerca suI cervello diviso ha rivelato un enorme
grado di lateralizzazione, vale a dire
di specializzazione, in ognuno degli emisferi. A mano a mano che i ricercatori
si sforzavano di comprendere in che modo il cervello riesca a espletare le sue
funzioni e quale sia la sua organizzazione, la lateralizzazione rivelata dagli
studi sul cervello diviso ha portato a elaborare quello che è noto come modello
modulare. La ricerca in scienza cognitiva, in intelligenza
artificiale, in psicologia evolutiva e nelle neuroscienze
ha diretto 1'attenzione verso 1'idea che cervello e mente siano costituiti di
unità discrete, o moduli, incaricate di funzioni specifiche. Secondo questa
teoria, il cervello non è un dispositivo per la risoluzione di problemi, ogni
parte del quale sarebbe capace di ogni funzione; piuttosto, è una collezione di dispositivi che collaborano a
soddisfare le necessità di elaborazione delle informazioni.
Nell'ambito di
quel sistema modulare, 1'emisfero sinistro si è dimostrato del tutto dominante
per le maggiori attività cognitive, come la risoluzione di problemi. La
resezione dei collegamenti interemisferici non sembra avere effetti su queste
funzioni. È come se 1'emisfero sinistro non avesse bisogno delle grandi
capacità computazionali dell'altra metà del cervello per svolgere: attività di
alto livello. L'emisfero destro, dal canto suo, è fortemente carente nella
risoluzione di problemi di una certa difficoltà.
Joseph E.
LeDoux, della New York University e io abbiamo scoperto questa qualità del
cervello sinistro quasi 20 anni fa. Ci siamo posti una semplice domanda: come
risponde 1'emisfero sinistro a comportamenti prodotti da un emisfero destro
silente? A ogni emisfero fu presentata un'immagine inclusa in una di altre
quattro immagini poste di fronte al paziente con cervello diviso. Gli emisferi
destro e sinistro permettevano di scegliere facilmente 1'immagine corretta. La
mano sinistra indicava 1'immagine scelta dall'emisfero destro e viceversa.
Abbiamo
quindi chiesto all'emisfero sinistro - il solo in grado di parlare - perché la
mano sinistra stesse indicando un certo oggetto. Esso non lo sapeva, pérché la
decisione di indicare 1'immagine era stata presa dall' emisfero destro.
Comunque, con la velocità del lampo, 1'emisfero sinistro costruì una spiegazione.
Abbiamo denominato questo talento creativo e narrativo «meccanismo di
interpretazione».
Questa
affascinante capacità è stata studiata recentemente per determinare l'influenza
di questo «emisfero sinistro interprete» sulla memoria. Elizabeth A. Phelps
della Yale University, Janet Metcalfe della Columbia University e Margaret
Funnell, ricercatore al Daurtmouth College, hanno scoperto che i due emisferi
elaborano in modi diversi i nuovi dati. Di fronte a nuove informazioni, le
persone ricordano normalmente molto della loro esperienza. Quando vengono
interrogate, affermano spesso di ricordare cose che in realtà non facevano
parte dell'esperienza. Se i pazienti con cervello diviso vengono sottoposti a
prove di questo genere, 1'emisfero sinistro genera molte false ricostruzioni.
Ma 1'emisfero destro non lo fa; esso fornisce infatti resoconti molto più
veridici.
La scoperta
potrebbe aiutare i ricercatori a determinare dove e come si sviluppino i
falsi ricordi. Numerose sono le opinioni riguardo al momento in cui, durante
il ciclo di elaborazione dell'informazione, queste memorie prenderebbero
forma. Alcuni ipotizzano che esse si sviluppino all'inizio del ciclo, e che i
ricordi erronei siano effettivamente codificati al tempo dell'evento riferito.
Altri ritengono che le false memorie riflettano un errore di ricostruzione
dell'esperienza trascorsa: in altre parole, che le persone sviluppino uno
schema su quanto accaduto e retrospettivamente adattino a quello schema eventi
non veri, ma nondimeno consistenti con esso.
L'emisfero
sinistro ha dimostrato di avere certe caratteristiche che danno credito a
questa seconda ipotesi. Per prima cosa, lo sviluppo di schemi simili è
esattamente 1'attività in cui l'interprete costituito dall’emisfero sinistro
eccelle. In secondo luogo, la Funnell ha scoperto che 1'emisfero sinistro ha la
capacità di determinare la fonte di un ricordo, sulla base del contesto degli
eventi circostanti. Il suo lavoro ha indicato che 1'emisfero sinistro colloca
attivamente le proprie esperienze in un contesto più ampio, mentre 1'emisfero
destro assiste semplicemente agli aspetti percettivi dello stimolo. Infine,
Michael B. Miller, dottorando al Dartmouth Callege, ha dimostrato che le
regioni prefrontali sinistre di soggetti normali si attivano mentre vengono
rievocati falsi ricordi.
Queste
scoperte suggeriscono concordemente che il meccanismo interpretativo
dell'emisfero sinistro sia sempre al lavoro, cercando il significato degli
eventi. Esso è perennemente in cerca di un ordine e di una ragione, anche quando
ordine e ragione non vi sono, e ciò lo espone di continuo a errori. L'emisfero
sinistro tende a generalizzare eccessivamente, costruendo spesso un passato
fittizio in opposizione al passato reale.
La prospettiva evolutiva
George L. Wolford,
del Dartmouth College, ha portato ulteriori dati a sostegno di queste ipotesi
sull'attività deI cervello sinistro. In un semplice test in cui si deve
indovinare se un segnale luminoso apparirà nella parte alta o bassa dello
schermo di un calcolatore, le persone danno prova di inventiva. Lo sperimentatore
regola lo stimolo in modo che la luce appaia in alto l'80 per cento delle
volte, ma in sequenza casuale. Mentre diviene presto evidente che la parte alta
della schermo sarà illuminata più spesso, i soggetti invariabilmente tentano di
comprendere quale sia 1'intera sequenza, e sono profondamente convinti di potervi
riuscire. Ma adottando questa strategia, danno la risposta corretta solo nell’8
per cento dei casi, mentre premendo sempre il pulsante corrispondente alla luce
in alto, la percentuale di risposte corrette sarebbe dell' 80 per cento.
I ratti e altri
animali, dal canto loro, sono più inclini a massimizzare, e premono solo il
pulsante alto. L'emisfero destro si comporta nello stesso modo: non cerca di
interpretare 1'esperienza e di trovarvi un significato più ' profondo. Esso
continua a vivere nel sottile istante del presente, e pertanto dà la risposta
corretta nell' 80 per cento dei casi. L'emisfero sinistro, se richiesto di spiegare
perché stia tentando di determinare l'intera sequenza, «se ne viene fuori»
sempre con una teoria, non importa quanto stravagante.
Il fenomeno
della narrazione è ben spiegato dalla teoria evolutiva. Il cervello umano,
come ogni cervello, è una collezione di adattamenti neurologici stabiliti nel
corso dell'evoluzione naturale. Ognuno di questi adattamenti ha la sua propria
rappresentazione, vale a dire, può essere lateralizzato a specifiche regioni o
reti del cervello. In tutta il regno animale, comunque, le capacità generalmente
non sono lateralizzate: esse tendono infatti a risiedere in entrambi gli emisferi
in grado pressoché equivalente. E per quanta le scimmie mostrino alcuni segni
di specializzazione laterale, essi sono rari e poco univoci.
Per questa
ragione, è sempre sembrato che la lateralizzazione riscontrabile nel cervello
umano fosse un'aggiunta evolutiva. Siamo recentemente incappati in una
sorprendente dissociazione emisferica che mette in discussione questa
prospettiva. Questa esperienza ci ha costretti a ipotizzare che alcuni fenomeni
lateralizzati possano sorgere da un emisfero che sta perdendo capacità, e non
acquisendone.
In quella che
deve essere stata una feroce competizione per lo spazio corticale, il
cervello dei primati in via di evoluzione si sarebbe trovata nella necessità
di guadagnare nuove facoltà senza perdere quelle vecchie. La lateralizzazione
potrebbe essere stata la via di uscita. Paul M. Corballis e Robert Fendrich del
Dartmouth College, Robert M. Shapley della Now Yark University e io abbiamo
studiato in molti pazienti con cervello diviso la percezione dei «contorni illusori».
Un lavoro precedente aveva suggerito che la percezione visiva dei ben noti contorni illusori di Gaetano Kanizsa
dell'Università di Trieste fosse una specialità dell'emisfero destro. I
nostri esperimenti hanno rivelato una situazione differente.
Abbiamo
scoperto che entrambi gli emisferi potevano percepire contorni illusori, ma
che 1'emisfero destro era in grado di afferrare certi raggruppamenti percettivi
che sfuggivano al sinistro. Pertanto, mentre entrambi gli emisferi in un
soggetto con cervello diviso possono giudicare se i rettangoli illusori siano
«grassi» o «magri» quando le figure non hanno contorno, solo quello destro è in
grado di dare un giudizio una volta tracciate le linee. Questa
situazione è detta versione amodale del test. Ciò che è particolarmente
interessante, come ha mostrato lo stesso Kanizsa, è che il topo può eseguire la
versione amodale.
Che un umile
sorcio possa riconoscere raggruppamenti percettivi, mentre 1'emisfero sinistro
di un umano non lo possa fare, fa pensare che una capacità sia stata persa.
Potrebbe essere che l'emergenza di una capacità umana, come il linguaggio - o
un meccanismo interpretativo abbia spiazzato questa capacità percettiva dal
nastro emisfero sinistro? Noi pensiamo di sì, e questa nostra opinione apre
una prospettiva del tutto nuova sulle origini della specializzazione laterale.
Le nostre uniche
capacità mentali potrebbero ben essere prodotte da minute e circoscritte reti
neuronali; e tuttavia il nostro cervello altamente modularizzato genera in
ognuno di noi la sensazione di integrazione e unità. Come può accadere, dal
momento che siamo una collezione di moduli specializzati?
La risposta può
essere questa: 1'emisfero sinistro cerca spiegazioni del perché gli eventi si
verifichino. Il vantaggio di un tale sistema è ovvio. Andando oltre la
semplice osservazione dei fatti e domandando perché si siano verificati, un
cervello può affrontare meglio gli stessi eventi, qualora dovessero riproporsi.
Riconoscere i
punti di forza e di debolezza di ogni emisfero ci ha indotti a riflettere
sulle basi della mente. Dopo anni di affascinante ricerca sul cervello diviso,
è evidente come 1'inventivo cervello sinistro, incline all'interpretazione,
abbia un'esperienza cosciente assai diversa dal veridico e «letterale» emisfero
destro. Per quanto entrambi gli emisferi possano essere visti come coscienti,
la coscienza del cervello sinistro sorpassa di gran lunga quella del cervello
destro. E ciò solleva un'altra serie di questioni che basterà a tenerci occupati
per altri 30 anni.
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