Perché
i Finlandesi sono i più bravi?
Sono passate da
poco le 8 e Juxu, 13 anni, appende cappotto e cuffia all'attaccapanni e fa
volare le scarpe sul mucchio formato da quelle dei compagni mentre lui zampetta
allegramente in classe in calzettoni. Perché qui si sta a scuola senza
cerimonie, si dà del tu agli
insegnanti e li si chiama per nome, senza che questo riduca la loro
autorevolezza.
Una Caporetto
Perché la
scuola finlandese è una scuola speciale. Secondo i dati dello studio Pisa,
condotto su 400 mila l5enni di 57 Paesi (vedi tabella a fianco) i ragazzi
finlandesi sono i meglio preparati in lingua, matematica e scienze. Mentre i
risultati dei 15enni italiani sono la Caporetto della scuola, che Tullio de
Mauro, direttore del dipartimento di Scienze del linguaggio all'Università La
Sapienza di Roma, riassume così: «Più della metà degli studenti è sotto il
livello di sufficienza: la scuola superiore non riesce a mantenere gli ottimi
standard che altre indagini assegnano alle scuole elementari».
Oltre le superiori
Insufficienza
che si trascina oltre 1'università. Nel novembre 2007 furono messi a concorso
380 posti di uditore giudiziario. Nonostante partecipassero 4 mila laureati in
giurisprudenza, ne rimasero scoperti 58 a causa di errori ortografici: apostrofi,
doppie e punteggiatura messi a casaccio, un "hanno" senza acca, un
"risquotere" e una "Corte dell'Aiax" anziché dell'Aja. Per
non parlare della vexata quaestio inviata per sms da un suggeritore (in latino
significa "questione a lungo dibattuta senza soluzione"), che il
candidato, pensando che la "x" fosse l'abbreviazione di
"per", ha trascritto "veperata quaestio". I tradizionalisti
sostengono che la colpa di tanta ignoranza è da attribuire alla scuola di massa
e al '68. Ma la scuola finlandese, di massa ed erede del '68, dimostra che
questo tipo di scelte e di origini culturali non sono un limite ai migliori
risultati del mondo. E allora in che cosa consiste il segreto della scuola
finlandese? È imitabile? E come cambiare per migliorare anche i nostri
risultati?
A ben guardare
i segreti della scuola finlandese sono più di uno. Per prima cosa i bambini
vanno quasi tutti all'asilo nido e poi alla scuola materna dello stesso
distretto. Questo consente grande omogeneità educativa: fin dalla prima
infanzia si coltivano autoriflessione, senso di responsabilità, empatia e
collaborazione: qualità ideali per 1'apprendimento. Inoltre, la scuola inizia a 7 anni compiuti: il cervello, più
maturo, consente un passo più spedito. E il 99,7% dei bambini (immigrati e rom compresi),termina la
scuola 9 anni dopo, «nessuno escluso», come dice la legge istitutiva della
scuola.
Flessibilità
La pedagogia
finlandese, inoltre, è "eretica": sostiene che sono gli insegnanti a
dover capire gli alunni, non il contrario. «Un insegnante in una classe di 25 ragazzi deve sviluppare 25
strategie diverse. Il segreto è tutto qui» spiega Jukka Sarjala,
responsabile dell'Ufficio centrale della pubblica istruzione. La scuola quindi
è flessibile e si adatta. In una classe c'è un
insegnante con intorno gli allievi; a un tavolo appartato un assistente
rispiega sottovoce qualcosa a un gruppetto; nella classe vicina un insegnante
aiuta un bambino a superare uno scoglio di apprendimento. In un'altra classe
c'è una manciata di bimbi stranieri e gli insegnanti usano giochi ed esercizi,
ma soprattutto entusiasmo, per superare le barriere linguistiche e culturali:
dopo pochi mesi gli allievi hanno raggiunto gli altri.
Tutte
le scuole hanno infatti un team di insegnanti e psicologi che segue i bambini
in difficoltà, e a loro si rivolgono anche i più bravi. Contro una
media internazionale del 6%, in Finlandia gli
studenti che sfruttano sostegni intensivi in una o più materie sono il 20%. A
ragione: 1'Ocse calcola che il 5-15% dei bambini abbia difficoltà di lettura e
scrittura (dislessia e discalculia) legate a patologie neurologiche.
Passione innanzitutto
Entusiasmo e
passione per il proprio lavoro sono strettamente legati al sistema di
reclutamento, che seleziona i migliori insegnanti, e alla loro formazione. Nel 2005 ben 4.500 candidati hanno fatto domanda per
frequentare una delle 10 facoltà che preparano gli insegnanti, ma solo il 16,5%
è stato accolto. E questo spiega 1'elevato prestigio della professione:
tutti vogliono diventare insegnanti, anche se lo stipendio è sotto la media
europea.
Selezionati
i migliori, li si forma per 5 anni, teoria e pratica, in modo che apprendano il
compito più difficile di tutti: divertire i ragazzi, catturare la loro
attenzione e fare in modo che imparino. Il praticantato sul campo
consiste in 60 ore di uditore affiancato a un insegnante, altre 60 di pratica
guidata e infine un semestre in classe sempre sotto sorveglianza. Poi il primo
incarico di "ruolo", conferito dal consiglio di una scuola, spesso la
stessa nella quale il giovane ha fatto il praticantato, e per 3 anni il
neo-insegnante incontrerà settimanalmente il suo tutor.
In classe, fino ai 13 anni, non i ci sono voti e le
interrogazioni non hanno nulla a che fare con giudizi punitivi o selezioni.
Niente umiliazioni
Il cardine
della pedagogia finlandese poggia sulla convinzione che tutti i bambini possano
imparare a leggere, scrivere, fare di conto e parlare 3 lingue così come
imparano a correre e a parlare, senza umiliazioni.
Il successo del
metodo si basa sull'autovalutazione onesta dei risultati raggiunti dalle scuole
e dagli insegnanti: uno strumento per il miglioramento continuo.
In questo
processo, l'Ufficio centrale della pubblica istruzione ha solo funzione di
supporto: tutti gli anni valuta i risultati ai test di un terzo delle scuole
finlandesi. Non si giudicano le
prestazioni degli studenti, ma la qualità della scuola, e quando il livello
degli studenti è carente, è quella ad aver fallito. I risultati non
vengono resi pubblici: a ogni scuola viene comunicato il proprio risultato, la
media nazionale e il cosiddetto valore atteso, cioè il livello che la scuola dovrebbe
raggiungere in base alla composizione della sua popolazione scolastica, perché
le prestazioni della scuola sono influenzate anche da chi sono i suoi studenti.
Scelte troppo precoci
Finiti i primi
9 anni di scuola, ci sono altri 3 anni di scuola superiore. Il 53% degli studenti, quelli che hanno ottenuto i
voti migliori, continua nelle scuole superiori di carattere umanistico, mentre
il 39% va alle scuole superiori tecniche.
Di fronte ai
risultati italiani dei test Ocse, fortemente condizionati dalle scuole
meridionali, il ministro della pubblica istruzione Mariastella Gelmini ha detto
che si dovranno fare corsi intensivi per gli insegnanti di Sicilia, Puglia,
Calabria e Basilicata, in vista delle prove del Pisa 2009 sulla lettura. Ma è veramente tutta colpa degli insegnanti se la
scuola italiana non funziona?
«Sui risultati
scolastici si riflettono le opportunità educative che il territorio offre, le
condizioni socio-economiche delle famiglie e la troppo precoce scelta fra
scuola umanistica e scuola professionale, legata prevalentemente alla cultura
della famiglia di origine» risponde Bruno Losito, associato di pedagogia
sperimentale all'Università Roma 3 e responsabile del programma Pisa 2006. «La separazione delle scuole, insomma, non
paga, bisognerebbe invece costruire un curriculum uguale per tutti centrato su
obiettivi fondamentali, e semmai aggiungere opzioni diverse».
L'amore per la
cultura si impara infatti nei primi anni di vita. Quando nasce un figlio l'ospedale
italiano spesso regala del latte in polvere; ai genitori finlandesi lo Stato regala un libro da leggere ai
figli. In Italia solo il, 41% dei genitori legge una volta la settimana
fiabe e storie della buonanotte; in Finlandia fiabe e saghe sono il rito serale
e i paesini più sperduti sono serviti dal i biblio-bus. Gli italiani sono al terz'ultimo posto per libri comprati
e letti rispetto ai 15 Paesi europei, e non sono abituati a rivolgersi alle
biblioteche: nella settentrionale Piacenza, al liceo scientifico
Respighi, 1.400 allievi, sono stati prestati 5 libri in tutto lo scorso anno
scolastico. Eppure una ricerca dello Iard di
Milano dimostra che i voti nelle , materie umanistiche salgono di mezzo punto
ogni 10 libri letti nei 6 mesi precedenti.
La privata non è meglio
La soluzione
non è la scuola privata: il test Pisa riporta mediamente risultati meno buoni
della scuola pubblica. La didattica di
tipo trasmissivo, in cui l'insegnante racconta e i ragazzi ascoltano, è
superata, e gli studenti, abituati ai tempi velocissimi dei media (Tv,
videogiochi ecc.) si annoiano. E libertà di insegnamento non significa
nessuna rilevazione sugli apprendimenti. Quanto alla pedagogia, dovrebbe acquisire le scoperte delle neuroscienze:
come e cosa si apprende. Già Albert Einstein diceva che «apprendere
significa sperimentare. Il resto è solo informazione». In classe, in Finlandia,
si "fa" più che si può. Un fare che è
sperimentare l'apprendimento utilizzando i 44 sistemi sensoriali. Un'altra
assurdità scientifica è l'immobilità e la passività in classe: il cervello è
solo il 2% del peso corporeo, ma consuma oltre il 20% dei nutrienti e
dell'ossigeno. L'immobilità, imposta non a caso
solo nelle prigioni e nei manicomi, nelle scuole ostacola l'apprendimento.
Né lo facilita
una scuola stressante: il cortisolo, l'ormone dello stress, ostacola la memoria
a breve termine. Sbaglia chi accusa i ragazzi
di distrazione. Sono attenti, ma non a scuola: i progenitori dell'uomo
non sono sopravvissuti 4,2 milioni di anni dedicando attenzione a ciò che non
ritenevano importante per la sopravvivenza. E la gerarchia delle informazioni cui prestare attenzione è
determinata dalla loro importanza emotiva.
Perché la distrazione
«La scuola deve creare novità, cose inaspettate: queste
stimolano la produzione di dopamina, che facilita l'apprendimento» spiega
Antonello Bonci, ordinario di neurologia all'University of California, San
Francisco. E’ difficile imparare le cose noiose, dette con la stessa voce,
nello stesso ambiente. Ri-imparare una cosa mal imparata la prima volta è
ancora più difficile, ci vuole il quadruplo della fatica. Nelle scuole in cui i
bambini corrono e si divertono si impara di più. Ascoltare un'ora è inutile. È più importante che il
ragazzo parli sbagliando e l'insegnante lo guidi verso la soluzione corretta». E la maieutica utilizzata dal filosofo
ateniese Socrate (469-399 a. C.): estrarre dall'allievo pensieri personali, il
contrario i chi imponeva il proprio punto di vista con retorica e persuasione.
E se
1'insegnante non sa fare il suo mestiere? Bonci consiglia allo studente di
cambiare percezione. Riassumi cosa dicono i critici del brano di Dante, ma
soprattutto inventati la tua risposta, sulla base di quello che senti. Non devi ripetere il libro: è la morte della
creatività e del pensiero critico. Impara a pensare usando le nozioni. La
personalizzazione innesta la novità e toglie passività».
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