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martedì 12 giugno 2012

Perché i Finlandesi sono i più bravi?









Perché i Finlandesi sono i più bravi?
Sono passate da poco le 8 e Juxu, 13 anni, appende cappotto e cuffia all'attaccapanni e fa volare le scarpe sul mucchio formato da quelle dei compagni mentre lui zampetta allegramente in classe in calzettoni. Perché qui si sta a scuola senza cerimonie, si dà del tu agli insegnanti e li si chiama per nome, senza che questo riduca la loro autorevolezza.

 Una Caporetto
Perché la scuola finlandese è una scuola speciale. Secondo i dati dello studio Pisa, condotto su 400 mila l5enni di 57 Paesi (vedi tabella a fianco) i ragazzi finlandesi sono i meglio preparati in lingua, matematica e scienze. Mentre i risultati dei 15enni italiani sono la Caporetto della scuola, che Tullio de Mauro, direttore del dipartimento di Scienze del linguaggio all'Università La Sapienza di Roma, riassume così: «Più della metà degli studenti è sotto il livello di sufficienza: la scuola superiore non riesce a mantenere gli ottimi standard che altre indagini assegnano alle scuole elementari».

Oltre le superiori
Insufficienza che si trascina oltre 1'università. Nel novembre 2007 furono messi a concorso 380 posti di uditore giudiziario. Nonostante partecipassero 4 mila laureati in giurisprudenza, ne rimasero scoperti 58 a causa di errori ortografici: apostrofi, doppie e punteggiatura messi a casaccio, un "hanno" senza acca, un "risquotere" e una "Corte dell'Aiax" anziché dell'Aja. Per non parlare della vexata quaestio inviata per sms da un suggeritore (in latino significa "questione a lungo dibattuta senza soluzione"), che il candidato, pensando che la "x" fosse l'abbreviazione di "per", ha trascritto "veperata quaestio". I tradizionalisti sostengono che la colpa di tanta ignoranza è da attribuire alla scuola di massa e al '68. Ma la scuola finlandese, di massa ed erede del '68, dimostra che questo tipo di scelte e di origini culturali non sono un limite ai migliori risultati del mondo. E allora in che cosa consiste il segreto della scuola finlandese? È imitabile? E come cambiare per migliorare anche i nostri risultati?
A ben guardare i segreti della scuola finlandese sono più di uno. Per prima cosa i bambini vanno quasi tutti all'asilo nido e poi alla scuola materna dello stesso distretto. Questo consente grande omogeneità educativa: fin dalla prima infanzia si coltivano autoriflessione, senso di responsabilità, empatia e collaborazione: qualità ideali per 1'apprendimento. Inoltre, la scuola inizia a 7 anni compiuti: il cervello, più maturo, consente un passo più spedito. E il 99,7% dei bam­bini (immigrati e rom compresi),termina la scuola 9 anni dopo, «nessuno escluso», come dice la  legge istitutiva della scuola.

Flessibilità
La pedagogia finlandese, inoltre, è "eretica": sostiene che sono gli insegnanti a dover ca­pire gli alunni, non il contrario. «Un insegnante in una classe di 25 ragazzi deve sviluppare 25 strategie diverse. Il segreto è tutto qui» spiega Jukka Sarjala, responsabile dell'Ufficio cen­trale della pubblica istruzione. La scuola quindi è flessibile e si adatta. In una classe c'è un in­segnante con intorno gli allievi; a un tavolo appartato un assi­stente rispiega sottovoce qual­cosa a un gruppetto; nella classe vicina un insegnante aiuta un bambino a superare uno scoglio di apprendimento. In un'altra classe c'è una manciata di bimbi stranieri e gli insegnanti usano giochi ed esercizi, ma soprattut­to entusiasmo, per superare le barriere linguistiche e culturali: dopo pochi mesi gli allievi han­no raggiunto gli altri.
Tutte le scuole hanno infatti un team di insegnanti e psicologi che segue i bambini in difficoltà, e a loro si rivolgono anche i più bravi. Contro una media interna­zionale del 6%, in Finlandia gli studenti che sfruttano sostegni intensivi in una o più materie sono il 20%. A ragione: 1'Ocse calcola che il 5-15% dei bambini abbia difficoltà di lettura e scrit­tura (dislessia e discalculia) lega­te a patologie neurologiche.

Passione innanzitutto
Entusiasmo e passione per il proprio lavoro sono strettamente legati al sistema di reclutamento, che seleziona i migliori insegnanti, e alla loro formazione. Nel 2005 ben 4.500 candidati hanno fatto domanda per frequentare una delle 10 facoltà che preparano gli insegnanti, ma solo il 16,5% è stato accolto. E questo spiega 1'elevato prestigio della professione: tutti vogliono diventare insegnanti, anche se lo stipendio è sotto la media europea.
Selezionati i migliori, li si forma per 5 anni, teoria e pratica, in modo che apprendano il compito più difficile di tutti: divertire i ragazzi, catturare la loro attenzione e fare in modo che imparino. Il praticantato sul campo consiste in 60 ore di uditore affiancato a un insegnante, altre 60 di pratica guidata e infine un semestre in classe sempre sotto sorveglianza. Poi il primo incarico di "ruolo", conferito dal consiglio di una scuola, spesso la stessa nella quale il giovane ha fatto il praticantato, e per 3 anni il neo-insegnante incontrerà settimanalmente il suo tutor.
In classe, fino ai 13 anni, non i ci sono voti e le interrogazioni non hanno nulla a che fare con giudizi punitivi o selezioni.

Niente umiliazioni
Il cardine della pedagogia finlandese poggia sulla convinzione che tutti i bambini possano imparare a leggere, scrivere, fare di conto e parlare 3 lingue così come imparano a correre e a parlare, senza umiliazioni.
Il successo del metodo si basa sull'autovalutazione onesta dei risultati raggiunti dalle scuole e dagli insegnanti: uno strumento per il miglioramento continuo.
In questo processo, l'Ufficio centrale della pubblica istruzione ha solo funzione di supporto: tutti gli anni valuta i risultati ai test di un terzo delle scuole finlandesi. Non si giudicano le prestazioni degli studenti, ma la qualità della scuola, e quando il livello degli studenti è carente, è quella ad aver fallito. I risultati non vengono resi pubblici: a ogni scuola viene comunicato il proprio risultato, la media nazionale e il cosiddetto valore atteso, cioè il livello che la scuola dovrebbe raggiungere in base alla composizione della sua popolazione scolastica, perché le prestazioni della scuola sono influenzate anche da chi sono i suoi studenti.
Scelte troppo precoci
Finiti i primi 9 anni di scuola, ci sono altri 3 anni di scuola superiore. Il 53% degli studenti, quelli che hanno ottenuto i voti migliori, continua nelle scuole superiori di carattere umanistico, mentre il 39% va alle scuole superiori tecniche.
Di fronte ai risultati italiani dei test Ocse, fortemente condizionati dalle scuole meridionali, il ministro della pubblica istruzione Mariastella Gelmini ha detto che si dovranno fare corsi intensivi per gli insegnanti di Sicilia, Puglia, Calabria e Basilicata, in vista delle prove del Pisa 2009 sulla lettura. Ma è veramente tutta colpa degli insegnanti se la scuola italiana non funziona?
«Sui risultati scolastici si riflettono le opportunità educative che il territorio offre, le condizioni socio-economiche delle famiglie e la troppo precoce scelta fra scuola umanistica e scuola professionale, legata prevalentemente alla cultura della famiglia di origine» risponde Bruno Losito, associato di pedagogia sperimentale all'Università Roma 3 e responsabile del programma Pisa 2006. «La separazione delle scuole, insomma, non paga, bisognerebbe invece costruire un curriculum uguale per tutti centrato su obiettivi fondamentali, e semmai aggiungere opzioni diverse».
L'amore per la cultura si impara infatti nei primi anni di vita. Quando nasce un figlio l'ospedale italiano spesso regala del latte in polvere; ai genitori finlandesi lo Stato regala un libro da leggere ai figli. In Italia solo il, 41% dei genitori legge una volta la settimana fiabe e storie della buonanotte; in Finlandia fiabe e saghe sono il rito serale e i paesini più sperduti sono serviti dal i biblio-bus. Gli italiani sono al terz'ultimo posto per libri comprati e letti rispetto ai 15 Paesi  europei, e non sono abituati a rivolgersi alle biblioteche: nella settentrionale Piacenza, al liceo scientifico Respighi, 1.400 allievi, sono stati prestati 5 libri in tutto lo scorso anno scolastico. Eppure una ricerca dello Iard di Milano dimostra che i voti nelle , materie umanistiche salgono di mezzo punto ogni 10 libri letti  nei 6 mesi precedenti.
 
La privata non è meglio
La soluzione non è la scuola privata: il test Pisa riporta mediamente risultati meno buoni della scuola pubblica. La didattica di tipo trasmissivo, in cui l'insegnante racconta e i ragazzi ascoltano, è superata, e gli studenti, abituati ai tempi velocissimi dei media (Tv, videogiochi ecc.) si annoiano. E libertà di insegnamento non significa nessuna rilevazione sugli apprendimenti. Quanto alla pedagogia, dovrebbe acquisire le scoperte delle neuroscienze: come e cosa si apprende. Già Albert Einstein diceva che «apprendere significa sperimentare. Il resto è solo informazione». In classe, in Finlandia, si "fa" più che si può. Un fare che è sperimentare l'apprendimento utilizzando i 44 sistemi sensoriali. Un'altra assurdità scientifica è l'immobilità e la passività in classe: il cervello è solo il 2% del peso corporeo, ma consuma oltre il 20% dei nutrienti e dell'ossigeno. L'immobilità, imposta non a caso solo nelle prigioni e nei manicomi, nelle scuole ostacola l'apprendimento.
Né lo facilita una scuola stressante: il cortisolo, l'ormone dello stress, ostacola la memoria a breve termine. Sbaglia chi accusa i ragazzi di distrazione. Sono attenti, ma non a scuola: i progenitori dell'uomo non sono sopravvissuti 4,2 milioni di anni dedicando attenzione a ciò che non ritenevano importante per la sopravvivenza. E la gerarchia delle informazioni cui prestare attenzione è determinata dalla loro importanza emotiva.

Perché la distrazione
«La scuola deve creare novità, cose inaspettate: queste stimolano la produzione di dopamina, che facilita l'apprendimento» spiega Antonello Bonci, ordinario di neurologia all'University of California, San Francisco. E’ difficile imparare le cose noiose, dette con la stessa voce, nello stesso ambiente. Ri-imparare una cosa mal imparata la prima volta è ancora più difficile, ci vuole il quadruplo della fatica. Nelle scuole in cui i bambini corrono e si divertono si impara di più. Ascoltare un'ora è inutile. È più importante che il ragazzo parli sbagliando e l'insegnante lo guidi verso la soluzione corretta». E la maieutica utilizzata dal filosofo ateniese Socrate (469-399 a. C.): estrarre dall'allievo pensieri personali, il contrario i chi imponeva il proprio punto di vista con retorica e persuasione.
E se 1'insegnante non sa fare il suo mestiere? Bonci consiglia allo studente di cambiare percezione. Riassumi cosa dicono i critici del brano di Dante, ma soprattutto inventati la tua risposta, sulla base di quello che senti. Non devi ripetere il libro: è la morte della creatività e del pensiero critico. Impara a pensare usando le nozioni. La personalizzazione innesta la novità e toglie passività».

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