ROGER SPERRY E LA SUA SCUOLA
“Quanto
è grande il ruolo che l’eredità gioca nel comportamento? Nei più bassi
vertebrati, almeno, molti elementi della percezione visiva - il senso di direzione e
localizzazione nello spazio, la percezione del movimento e simili - sono
parte della costituzione dell’organismo e non devono essere appresi”. Così si
esprimeva Roger Sperry esattamente cinquant’anni
fa, sintetizzando in tal modo le ragioni della sua incrollabile fiducia nella
decifrabilità dell’organizzazione del sistema nervoso: la forma esprime la
funzione e la precede nello sviluppo, perché è il prodotto dell’evoluzione
conservato nei geni della specie come piano strutturale di collegamento punto
per punto (Roger
Wolcott Sperry, The hardwired brain, Scientific American, May 1956).
L’eredità
di Sperry è stata raccolta da Michael Gazzaniga,
il principale allievo di Sperry, con la Scuola Normale Superiore di Pisa. L’attualità
di questi studi non consiste solo nell’approccio topobiologico allo sviluppo ed
alla macro-fisiologia del sistema nervoso, ma va oltre, ricordandoci che la
rigidità è principio costitutivo imprescindibile e base per ogni forma di plasticità,
in un binomio morfologico il cui corrispettivo funzionale è dato da specificità
e variabilità.
Oggi
l’attenzione dei neurobiologi è focalizzata sulle basi molecolari e cellulari
della variabilità e della plasticità delle reti neuroniche, tuttavia nulla di
questa componente variabile del sistema nervoso sarebbe risultato comprensibile
senza la conoscenza della sua impalcatura stabile, geneticamente preordinata e
definita da rapporti topografici fissi corrispondenti a precisi valori
funzionali.
Le
ricerche di Sperry cominciarono fin da quando, studente a Chicago, si opponeva alle tesi del
suo maestro Paul Weiss,
sostenendo che i nervi
periferici non assumono la loro funzione per effetto del territorio di
innervazione, ma sono già
specificati geneticamente. Così, dimostrò che nel ratto, deviando chirurgicamente il
nervo della zampa posteriore sinistra all’arto corrispondente di destra,
questo sarebbe stato azionato come fosse il sinistro per tutta la vita
dell’animale.
Roger
Sperry sosteneva che simili esperimenti fossero la prova della pianificazione
genetica rigida di tutte le connessioni nervose, quale parte speciale di una
più generale specificità somatotopica di tutte le funzioni. Gli fu obiettato:
se questa specificità non appartiene solo ad un programma funzionale che il
sistema nervoso centrale impiega per controllare il movimento, ma è un piano
genetico di tutto l’organismo, allora dovrebbe essere possibile dimostrare
anche il contrario, ossia che terminazioni nervose dirette dalla periferia al centro
mantengano un rigido piano di specificità funzionale per area topografica.
Il nervo ottico dei pesci rossi, se
reciso, ricresce. Sperry
recideva i nervi ottici dei pesci rossi e ne studiava la traiettoria
rigenerativa all’interno del cervello. La specificità degli assoni delle
cellule gangliari retiniche che raggiungevano le strutture interne era impressionante, rappresentando con
precisione assoluta i punti della retina da cui provenivano. Se il
percorso del fascio di assoni del nervo ottico rigenerante veniva deviato in
una direzione innaturale, si assisteva ad un evento straordinario: le fibre si avventuravano in
territori sconosciuti, fino a trovare la strada giusta che le conducesse alla
struttura cerebrale cui erano collegate in precedenza.
Ma tutto il mondo imparò a conoscere Sperry per gli animali
split-brain, ossia con cervello diviso.
Il
termine era stato coniato per descrivere il risultato di un intervento
chirurgico eseguito su gatti e scimmie, consistente nella resezione delle
strutture mediane che collegano i due emisferi cerebrali. La crudeltà
dell’esperimento non attraeva certo le simpatie dei nascenti movimenti
animalisti e delle persone più sensibili al riguardo, ma i risultati di quelle
ricerche hanno fornito un contributo di inestimabile valore per il progresso delle neuroscienze.
Lo scopo immediato era quello di affrontare un nodo problematico serrato
intorno al maggiore enigma della neurofisiologia: tutte le vie nervose di moto
e di senso sono crociate rispetto al piano sagittale mediano, così che l’emisfero cerebrale destro controlla la parte
sinistra del corpo e l’emisfero sinistro la parte destra. Perché? Quale rapporto ha
questo incrocio con la sintesi di tutte le informazioni operata dal cervello?
Anche
l’occhio non sfugge a questa regola e, se una piccola parte di fibre
proveniente dalla retina di ciascun occhio rimane nell’emisfero cerebrale del
proprio lato, il contingente maggiore passa al lato opposto formando una
struttura che prende il nome di chiasma ottico.
Dunque, la parte destra del cervello dovrebbe “sapere” ciò che riguarda la
parte sinistra del corpo e ciò che vede l’occhio sinistro e, viceversa, il
cervello sinistro sa ciò che è a destra. Dopo avviene una sintesi. Se si
riflette su questo punto, ci si rende facilmente conto che cercare di capire
come avviene la sintesi e quale rapporto abbia con l’incrociarsi delle vie
nervose, vuol dire andare al cuore della differenza funzionale fra la periferia
del sistema nervoso, dove tutto è diviso, e il
cervello, che esprime l’unitarietà dell’individuo.
Roger Sperry e il suo allievo Ronald Myers scoprirono che, tagliando corpo calloso,
commessura anteriore e chiasma ottico, le informazioni visive apprese da una metà del cervello erano del tutto
ignote all’altra. Ad esempio, un gatto col cervello diviso e l’occhio
sinistro bendato imparava, usando solo l’occhio destro, che spingendo un
pannello contrassegnato da un triangolo otteneva un gustoso bocconcino di
fegato. Se gli si bendava l’occhio destro sembrava perdere completamente la
conoscenza acquisita, che ritornava quando poteva usare l’occhio e la metà del
cervello addestrati: l’informazione
non passava da un emisfero all’altro!
La
sperimentazione sugli animali split-brain non fu che il prodromo della ricerca
su persone alle quali era stato diviso il cervello per il trattamento
chirurgico di una gravissima forma di epilessia. Questi studi rimangono un
modello esemplare per la ricerca neuropsicologica e cognitiva in genere, sia
per la logica con cui furono concepiti i disegni sperimentali, sia per
l’originalità a tratti geniale delle soluzioni ai problemi affrontati. Non
meraviglia che quella felice stagione abbia consegnato alla storia delle
neuroscienze i suoi principali protagonisti. Fra questi ricordiamo Michael Gazzaniga e sua moglie Charlotte Smylie, Joseph Le Doux, John Sidtis e Jeffrey Holtzman,
prematuramente scomparso nel 1985.
Nel 1981 Roger Sperry fu insignito del
premio Nobel per la Medicina.
E’
la scuola di Roger Sperry che ha introdotto il termine “dominante” per indicare
l’emisfero sinistro che controlla la mano destra e le facoltà connesse con
l’uso della parola; la stessa scuola procedendo nelle conoscenze preferì
chiamare l’emisfero sinistro “categoriale” e quello destro
“rappresentazionale”, avanzando l’ipotesi della complementarietà fra aspetti
della cognizione privilegiati da ciascuna delle due metà del cervello.
L’ipotesi dei “moduli cerebrali” parzialmente indipendenti, guidati dal modulo
del linguaggio-pensiero cosciente, ha una sua plausibilità ed utilità euristica
per l’organizzazione dei dati da sottoporre ad ulteriore sperimentazione, e si
giustifica come “modello operativo” alla luce della visione di Roger Sperry. Perde efficacia e senso
nell’astrazione artificiosa della “mente modulare” di Fodor.
Non
bisogna dimenticare che la ricerca su pazienti con cervello diviso ha
consentito la prima dimostrazione
scientifica dell’esistenza di processi mentali inconsci e della loro influenza
sulla cognizione e sulle emozioni.
Da
ipotesi formulate dal gruppo di ricerca
di Roger Sperry - e poi dallo stesso superate - sono nati alla fine degli anni
Sessanta dei “miti moderni” quali l’emisfero della creatività (destro)
contrapposto a quello della razionalità (sinistro). Si è trattato di libere
interpretazioni dei risultati del lavoro di questi studiosi - spesso opera di
pedagogisti e di operatori dell’informazione - ma che ebbero un tale impatto
culturale da indurre il cambiamento delle leggi del
sistema scolastico della California per favorire lo sviluppo del “cervello destro”
degli allievi della scuola primaria.
La moda dei “due cervelli” si diffuse nei decenni successivi in
tutto il mondo, trovando
terreno fertile in un dualismo culturale ovunque presente, che sembrava non
vedere l’ora di potersi giustificare sulla base di una dicotomia cerebrale e,
dunque, naturale. Come accade per tutte le mode, la diffusione avvenne per una
emulazione acritica ed istintiva, e così schiere di replicanti
dell’interpretazione “libera” di alcuni dei risultati, hanno distorto e
stravolto l’operato di questi studiosi in una ridicola caricatura in grado di
fare presa sulle persone semplici o superficiali.
Fiorirono
centinaia di pubblicazioni più o meno tecniche sull’argomento, e alcune di
esse, come quella dal titolo “Disegnare con la parte destra
del cervello”, in Italia hanno ancora un buon mercato, nonostante che per oltre vent’anni i ricercatori abbiano
smentito l’esistenza di un cervello destro, abile disegnatore, represso dal
sinistro, freddo calcolatore.
Le
cose sono molto più complesse, e i documenti scritti e filmati degli
esperimenti con i pazienti dal cervello diviso non cessano di affascinare e
porre interrogativi. Oggi si dispone di metodiche di indagine molto più
sensibili e specifiche di quelle dei decenni passati, ma molti ricercatori
lamentano la mancanza fra loro di qualcuno che abbia la capacità di leggere
costantemente la realtà naturale in termini di problema e di concepirne la
soluzione mediante la stringente semplicità di una prova che obblighi la natura
a dare una risposta netta ed inequivocabile, quella capacità che certo non
mancava a Roger Sperry e che noi, comuni mortali, chiamiamo genio.
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