S. M. abita in un rustico dello
Iowa, in America, ed è studiata da molti ricercatori: le manca l'amigdala. È
priva cioè di quella parte del cervello da cui nascono i timori che possiedono
l'uomo e tanti animali
La donna che accarezza le tarantole
non è capace di avere paura. Vive una vita di disumana serenità, danzando
leggera fra i terrori reali o immaginari che fanno di noi quello che siamo,
creature di emozioni. Di lei conosciamo soltanto le iniziali, "SM", perché
è stata usata come cavia da un'università, dove abita, nel rustico vuoto dello
Iowa, e la ragione per la quale non conosce paura. È
l'assenza dell'amigdala, il piccolo corpo nervoso a forma di mandorla,
appunto "amigdala" in greco, che dal profondo del nostro cervello
controlla le azioni e le reazioni, i sentimenti e le emozioni che chiamiamo
paura.
È noto da tempo che in quel piccolo organo sta il segreto della condizione
umana, la sentinella della nostra sopravvivenza, la condanna delle nostre notti,
la molla dei nostri comportamenti. Menomazioni, patologie, difetti della
amigdala cambiano radicalmente il rapporto con il mondo esterno, possono
impedire di riconoscere, nelle situazioni, nei gesti, addirittura nello sguardo
degli altri quei segnali sottili che fanno scattare il meccanismo del "fuggi o lotta",
presente in tutti gli animali superiori. Ma la Signora Esseemme, studiata per
mesi dalla Università dello Iowa, è completamente priva di ogni riflesso di
paura. Non dice, come il bambino eroe del film di Salvatores "Io non ho
paura". Non vince, come il soldato magari impregnato di grappa, di rum, di
esaltazione patriottica o religiosa che si lancia oltre il parapetto della
trincea, il terrore della morte. La paura è un lusso che le è impedito.
L'hanno accompagnata nei luoghi canonici delle più ovvie fobie umane e specialmente femminili, in laboratori brulicanti di enormi ragni e di serpi, creature delle quali aveva detto di avere orrore. Ma quando si è trovata fra di loro, ha serenamente carezzato il dorso peloso di enormi tarantole e la pelle secca a fredda di serpi, sperabilmente non velenose. Né passeggiate solitarie fra cimiteri di notte, visioni di film specialmente ripugnanti o conversazioni nelle carceri con stupratori seriali e killer ben lieti di raccontare ogni raccapricciante dettaglio delle loro imprese hanno provocato alcuna reazione di paura registrata dai sensori che i ricercatori le avevano applicato per registrare le classiche risposte fisiologiche dell'ansia.
La mancanza dell'amigdala la rende
semplicemente incapace di avere paura, come un daltonico totale è incapace di vedere i colori. A
che serva lo studio di questa sfortunata, o fortunatissima signora che non teme
neppure la morte, lo spiegano i ricercatori della scuola di neurologia
dell'Università dello Iowa, uno stato del MidWest americano che offre un numero
specialmente alto di volontari nelle Forza Armate. Dieci anni ormai di guerra
in Iraq e in Afghanistan hanno
prodotto 500 mila reduci, migliaia di suicidi e diecine di migliaia di
uomini e donne mutilati non nel corpo, ma nell'anima, dalla "PTSD",
la sindrome da stress post traumatico. Sono ex
combattenti che vivono nel terrore, e nel trauma, di quanto hanno visto,
subito, inflitto, a volte rottami umani incapaci di uscire di casa, di
affrontare una banale autostrada, un ufficio, un locale pubblico, bloccati da
quella "amigdala"
fuori controllo che invia al cervello e al corpo segnali paralizzanti di paura
anche quando non ve n'è motivo, come un allarme antifurto che urla anche quando
il pericolo non esiste. La signora Esseemme dell'Iowa e le altre cavie come lei
possono aiutare a capire come resettare questo termostato del terrore, senza arrivare
all'estremo dell'azzeramento completo delle emozioni e alla trasformazione dei
pazienti in robot.
E proprio qui, al confine fra la scienza e la fantascienza, fra la terapie e
l'abuso, sta il rischio delle sperimentazioni sull'amigdala e sugli altri
organi, nervi, ghiandole
che rendono umani gli umani, tra il piacere e la paura, tra l'orrore e
la tenerezza. La fantasia corre al pensiero di futuri soldati robot, privati di
quel freno emotivo che è la paura di morire e, come studia da anni il
Pentagono, la paura di uccidere, a volte più forte addirittura dell'istinto di
sopravvivenza. L'antropologia, la storia dell'evoluzione umana, sa bene che
senza nostra sorella paura, innesco formidabile dell'intelligenza e della
creatività, la nostra specie non sarebbe sopravvissuta al mondo ostile e feroce
che la circondava ed è ovvio che questa donna dello Iowa non vivrebbe a lungo
ballando serena con gli orsi o attraversando la strada senza il timore di
essere investita. Lo sanno i famigliari che non le permettono di uscire mai di
casa da sola. Ma se la sua perfetta incoscienza da bambina che comincia a
gattonare per il mondo incurante di spigoli e prese elettriche fa tenerezza, il pensiero di una legione di
armati senza umanità e senza mai rimorsi fa paura. Almeno a noi che
abbiamo l'amigdala che funziona anche troppo bene.

L'hanno accompagnata nei luoghi canonici delle più ovvie fobie umane e specialmente femminili, in laboratori brulicanti di enormi ragni e di serpi, creature delle quali aveva detto di avere orrore. Ma quando si è trovata fra di loro, ha serenamente carezzato il dorso peloso di enormi tarantole e la pelle secca a fredda di serpi, sperabilmente non velenose. Né passeggiate solitarie fra cimiteri di notte, visioni di film specialmente ripugnanti o conversazioni nelle carceri con stupratori seriali e killer ben lieti di raccontare ogni raccapricciante dettaglio delle loro imprese hanno provocato alcuna reazione di paura registrata dai sensori che i ricercatori le avevano applicato per registrare le classiche risposte fisiologiche dell'ansia.


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